Casa Circondariale
 







Italo Pignatelli




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Gloria Persico, psicologa, è autrice di “Lucia nella bocca di lupo”(ed. Kairos pp. 93). Nel sottotitolo “Storia di amicizia, di amore e di sesso in un carcere del Sud” è il tema della vicenda vera vissuta dalla protagonista e scritta sobriamente in uno stile tra romanzo-denuncia e un trattato scientifico sulla psicologia e la sessualità femminile. Lucia, laureata in legge e dipendente della Polizia Giudiziaria, è accusata di peculato, pericolosità sociale e concorso. Un errore giudiziario. Una pigra svogliata errata lettura della denuncia, in cui si legge che la rea è una donna “bassa e magrolina” mentre Lucia è alta e robusta, manda la Calopresti in carcere per sei mesi e altri sei agli arresti domiciliari. La realtà della vita in carcere viene dipanata senza lasciare spazi alla fantasia. Dalla descrizione minuziosa dei vari ambienti, dei cancelli, dei pochi arredi, dei vani di accesso e delle finestre feritoie a bocca di lupo, del ferreo edinumano regolamento, emerge spettrale la condizione di disagio densa di sofferenze laceranti, di umiliazioni ignobili, di angherie perfide, procurate anche dalla cattiveria disumana dei sorveglianti. E’ noto il detto “i delitti delle guardie si compiono dove quelli dei detenuti si scontano”. La scrittrice si sofferma molto sui rapporti umani che emergono nel racconto confessione. Non mancano le storie di amore di sesso di gelosia tra detenute e tra guardie e recluse. Il sesso viene cercato e vissuto per riscattare la propria dimensione umana annientata calpestata offesa in un inferno dove la malvagità brucia la propria identità e ogni illusione di un futuro socialmente accettabile. Lucia percorre un’altra strada per liberarsi dalle frustrazioni di sentirsi debilitata preda della noia priva di ogni sogno. Aiutarla a prendere coscienza delle sue capacità è, forse, l’incontro con la prima compagna di cella Annamaria dopo l’isolamento iniziale previsto. Lei non è più un essere umanoprivata da anni di affetto amore rispetto, bisogni primari per ognuno. La protagonista si rende conto che la “bocca di lupo” non è solamente la feritoia nell’ampia muratura ma è più profonda in tanti dediti ad ingoiare la genuinità di chi a loro si affida. La sua voglia di tornare a vivere frantuma la barriera della solitudine. A piccoli passi si guadagna la fiducia delle altre, diffidenti per le aspre delusioni e gli inganni subiti, scrivendo richieste per migliorare la permanenza in carcere. Seguono permessi di fare lavori che arrecano denaro. Inventa corsi di cucito, di maglieria, di giardinaggio ed altri. Legge e spiega gli incartamenti dei magistrati e dà suggerimenti. Grande è l’impegno nell’ insegnare a leggere e a scrivere in modo che ognuna possa essere libera nei rapporti epistolari. Non mancano le attività ludiche:l’interpretazione dei tarocchi disegnati e dipinti da alcune, la ginnastica, la pallavolo ed ogni svago che può provocare gioia antidoto alla disperazione. Luciaattua un programma di recupero del proprio IO con semplici azioni che fungono anche da collante per nuove e più sincere amicizie, procura stimoli per acculturarsi e apprendimenti di lavori che possono dare guadagni leciti. Il suo spontaneo agire trova consensi nello scritto in postfazione di Sergio Zazzera, magistrato, che argomenta argutamente contro le norme vigenti prevedendo per i reati minori lavori socialmente utili e il carcere, scuola che educa a delinquere, ai recidivi senza indulti e condoni che gratificano i “colletti bianchi” e alimentano gli avvocati.









   
 



 
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