“Samantha”, il nuovo e appassionante romanzo di Amalia Galante Gagliardi (Kairòs Edizioni), ricorda nella sua luminosa struttura, un’architettura leggera ed elegante, ma nel contempo solida come quelle ideate nel secolo scorso dal celebre Le Corbousier, scevra da qualsiasi sedimentazione pietistica, senza però abdicare al vero sentimento di una Pietas sincera. Oltre ad essere una testimonianza di vita vissuta, realisticamente e drammaticamente, il testo della Galante si pone l’ambizioso obiettivo di scandagliare il tessuto emotivo dei migranti contemporanei, ricco di esperienze forti, che per la maggior parte, non trovano nel nostro Paese ciò che si aspettano, cioè, un lavoro onesto e una vita dignitosa. Samantha, Josephine, Mary, Maso, l’ucraina omosessuale, James sono tutti connotati e rappresentati dall’autrice con caratteri e personalità molto diverse fra loro, ma, nell’insieme, accomunati sotto la cifra devastante della precarietà. C’èchi proviene dal Ruanda, chi dalle Filippine, chi ancora dalla ex Jugoslavia. Terre bellissime, ma maledette. La fame, la guerra, i disastri naturali come lo tzunami, spingono centinaia di migliaia di esseri umani ad abbandonare la propria terra di origine con la speranza di una vita migliore. Solo per alcuni di essi, però, ci potrà essere un riscatto. La Galante, con la sua spiccata sensibilità e la profonda conoscenza dei complicati meccanismi dell’animo umano, ha saputo esporre senza retorica un problema scottante dei nostri giorni, di difficile, anzi quasi impossibile soluzione. Anche l’elemento descrittivo, come pone bene in luce la brava prefatrice Annella Prisco Saggiomo, è preponderante. Le ambientazioni, riportano così fedelmente i luoghi in cui si svolge la vicenda, che questi quasi preannunciano il determinarsi degli eventi. Sembra, infatti, che anche le atmosfere circostanti ne subiscano gli influssi e partecipino al dramma o alla gioia dei protagonisti. Vi è, inoltre,nella scorrevole e limpida penna della scrittrice, una delicata vena poetica che emerge qua e là, di tanto in tanto in tutto il libro. “Ancora qualche giornata uggiosa, ma si assaporava il risveglio della natura, la quale lentamente si dispiegava nelle turgide gemme che lasciavano appena intravedere nelle crepe sottili, quel colore che di lì a poco sarebbe esploso nella conversione del fiore. Sull’erba di un vivido verde, le prime primule assemblate tra loro…” e ancora “…delle albe nuove, delle notti che non celano insidie, dei silenzi che non chiedono parole, di quella fitta rete di comprensioni, di complicità, di attese non deluse”. I riferimenti e gli accenni alla religione Cristiana presenti nel libro della Galante, denotano un forte attaccamento alla fede Cattolica da parte della scrittrice. L’autrice ci parla, infatti, anche di un altro personaggio chiave nel racconto, Don Matteo, un sacerdote coraggioso. Samantha, la protagonista del romanzo, aveva frequentato inRuanda, da piccola le missioni. Quei ricordi lontani, probabilmente, riemergono nel suo animo quando in Toscana può ammirare le splendide Madonne di Simone Martini, o la commovente e singolare deposizione di Rosso Fiorentino che la lascia stupita. Anche la descrizione delle Monache Orsoline è come una lieve pennellata di spiritualità: “Sembrava di vederle assiepate dietro le grate, incuriosite e devote, prigioniere e libere nella negazione della vita”. Il destino, o per meglio dire con Amalia Galante, il programma misterioso che sottende alle nostre esistenze, svolge un ruolo decisivo nella vicenda. Mentre, infatti, le vicissitudini ed i tormenti della giovane e bellissima Samantha, che al pari di tante altre ragazze come lei, è costretta a mercificare il proprio corpo, obbligata ad entrare nelle fila delle così dette “schiave del sesso”, sembrano avere un epilogo felice attraverso l’amore, tutto precipita. Nel finale la Galante ha, però, il merito di formulare velatamente, unagiusta ed anche incoraggiante proposta nel cercare di porre rimedio al grave problema dell’emigrazione clandestina. Nonostante tutto, quindi, il romanzo termina con una nota di speranza. Il trasferimento del Dottor Lamberto in Africa per poter salvare tante vite, specialmente di bambini, che pagano maggiormente il loro tributo di morte al sottosviluppo e alla guerra, rappresenta la giusta via del vero, possibile riscatto di quelle popolazioni sventurate. E’ molto importante e utile portare in quei territori gli aiuti e gli strumenti per risollevare quegli uomini disperati, evitando il loro doloroso sradicamento, che poche volte ha esiti felici, e troppo spesso conduce alla morte morale, prima ancora che a quella corporea.
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