Così Michel Rouche, professore emerito all’Università di Parigi-Sorbona, esperto di Tarda Antichità e Alto Medioevo, inizia il suo libro Attila (Salerno editrice, Roma 2010, pp. 378, euro 27): -Da una frontiera all’altra, dall’Impero cinese all’Impero romano, dalla Grande Muraglia alle fortificazioni del limes ("limite", "bastione difensivo") romano del Danubio e del Reno si estende uno spazio geografico uniforme per oltre 10.000 Km: il mondo delle steppe. Qui nacque, intorno all’anno 1000 a.C, la civiltà nomade. E’ necessario conoscere le condizioni fisiche e climatiche di queste regioni, se si vuole comprendere lo straordinario successo di Attila. Per due millenni la storia del mondo è stata dominata dai grandi imperi creati a partire dalle pianure della Manciuria fino a quelle dell’Ungheria. Se un organismo politico riesce più o meno a dominare questo spazio, che è due volte più vasto degli odierni Stati Uniti, allora può, partendo da questocentro di gravità geopolitico di tre continenti - Asia, Europa, Africa -, ambire al dominio del mondo antico e di quello medievale. Occorre altresì avere una buona conoscenza di questi spazi sterminati, una visione chiara degli ostacoli da superare - fiumi e montagne - e, infine, un contatto reale con le regioni e le aree delle popolazioni sedentarie-. In questo immenso territorio delle steppe, regno delle tribù nomadi, pastorali e guerriere, a lungo la più temibile, gli Unni, guidati a un certo punto della loro storia dal loro re Attila, riversandosi nell’Europa orientale e nel bacino del Danubio, entrarono in micidiale contatto con il mondo dei contadini sedentari dell’Impero romano sia continentale che mediterraneo. V’è del mondo nomade una sintetica e splendida definizione di Rouche: -La violenza nomade è la violenza di chi non ha patria, moneta, città, né stato. Di chi non conosce queste limitazioni…. La storia bellica che va dalla sconfitta romana di Adrianopoli alla vittoria"romana" dei Campi Catalaunici è ricca di sorprese. L’ascesa di Attila si compie dunque in un clima di successi facili fino alle improvvise battute d’arresto con la disfatta degli Unni e la loro scomparsa-. Alle loro spalle le divinità e gli eroi della mitologia nibelungica, Odino, Sigfrido, le Valchirie Brunilde e Crimilde; il mito della sovranità sul mondo intero e le incredibili imprese di conquista, il terrore che incutevano, superiore tuttavia alla vastità ma non alla totalità delle loro distruzioni, tanto che dove passava Attila, al contrario di quello che si diceva, l’erba cresceva ancora. La loro cavalleria forte di piccoli e robusti cavalli, degli archi a doppia curvatura che scoccavano dardi di lunghissima gittata e di straordinaria violenza, e la loro tattica di attacchi fulminei e di improvvise ritirate, era riuscita a varcare due volte il terribile monte Elbruz. E’ a questo punto che in un capitolo acutamente analitico della personalità di Attila e della moltepliceinterpretazione della sua personalità, l’Autore collega l’esperienza bellica del re degli Unni a quella di Hitler con interessanti particolari della sua formazione. Scrive in proposito Rouche: -Potrebbe sembrare assurdo vedere in Hitler la reincarnazione di Attila. Si tratta in realtà di individuare l’influenza dei miti germanici pagani sulla formazione della personalità di Adolf Hitler (1889-1945). E’ accertato che egli fosse un appassionato di Wagner, uno spettatore assiduo delle opere del maestro e che a partire dal 1905 a Vienna cominciò a leggere i numeri della rivista Ostara. Questa pubblicazione recava il nome della dea germanica della primavera, foriera di tempi nuovi. La rivista conteneva articoli di storia del Medioevo tedesco e il suo intento era risvegliare gli dèi sepolti nel feretro di carne dei tedeschi. L’idea generale era che il dominio dei tedeschi sul mondo medievale sarebbe tornato. Oltre alla rivista vi furono due opere approvate dallo stesso Hitler: Il mito del XXsecolo di Alfred Rosemberg e più tardi Die Rassenkunde Europas di Hans F. K. Günter, contenente un capitolo sulla teoria della razza nordica. Il mito del XX secolo era quello del sangue salvatore. La razza eletta è di origine nordica, una razza di capi. La Crimilde dei Nibelunghi ne rappresenta la quintessenza delle virtù e delle passioni. Un’autentica gnosi pagana spiega la pregnanza del tema di Sigfrido che s’immerge nel sangue del drago impuro divenendo così invulnerabile-. L’A. riporta un episodio straordinario: l’ostinazione suicida di Hitler, contro il reciso parere dei suoi generali, a esigere che un’altra bandiera, quella con la croce uncinata, venisse piantata sulla cima del monte Elbruz sfiancando in tal modo le truppe che avrebbero poi dovuto conquistare l’intera Ossezia, e porre l’assedio a Stalingrado, altro errore decisivo del Führer che mandò così allo sbaraglio un’intera armata al comando del generale Von Paulus: inizio d’un rovesciamento del fronte e d’una lungalotta coi reparti dell’Armata rossa che con una spietata energia diedero inizio alle operazioni che avrebbero causato la disfatta germanica. In proposito, monsignor Tardini, sostituto alla Segreteria di Stato Vaticano, descrive questo momento cruciale della campagna contro l’Urss: la fede di Hitler nella mitologia scandinava e germanica (le Valchirie che riconquistano il monte sacro l’Elbruz), lo conduce a una decisione strategica fatale: "l’Attila motorizzato" - come lo definì monsignor Tardini - lanciò nel 1942 i suoi blindati su Stalingrado e sul Caucaso, una mossa strategica assurda, contestata con veemenza ma invano dai vertici dello stato maggiore. In tal modo -il neopaganesimo e lo sciamanesimo di Hitler lo inducono a commettere l’errore di ostinarsi nell’assedio di Stalingrado. Fu l’inizio della fine. Allora cominciò la catastrofe…sul modello del crepuscolo degli dei nell’ultimo atto dell’opera di Wagner: il suicidio nel bunker di Berlino-. -Attila dopo Attila è dunque unAttila diverso, ma questo nuovo Attila ha svolto un ruolo storico grazie al mito. Nel XXI secolo quest’uomo è ancora in mezzo a noi, in quanto pone il problema della libertà e del destino, tanto più che egli ha ignorato il cristianesimo. I tentativi di farne il persecutore del cristianesimo hanno avuto, in ultima analisi, vita breve, salvo che nel caso di Leone Magno e di sant’Orsola. Attila è rimasto appannaggio dei vincitori, i germanici e i nomadi magiari. Le tradizioni orali e le epopee, proprie sia dei vincitori che dei sottomessi, hanno perpetuato uno sfondo pagano in cui la libertà è sconosciuta. Lo strato scandinavo, il più antico e originario, rievoca la rudezza dei costumi dell’epoca della sottomissione dei Burgundi al re degli Unni-. Luca Canali
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