IL LATO OSCURO DEL CINEMA SECONDO JOHN CARPENTER
 







di Giulia D'Agnolo Vallan




Oggi il cinema e la televisione sono controllati da grosse corporation e dai loro interessi che tendono ad appiattire e ripulire tutto. L'unico modo con cui ottenere qualcosa di veramente duro e affilato, è attraverso un progetto collettivo come questo, da cui ci si aspetta qualcosa di veramente unico
«Jo-ohn!». Udo Kier esce da dietro un muro di compensato cercando di farsi rientrare un metro circa di intestino nel ventre squarciato. Una ragazza della Knb si precipita per aiutarlo a sbrogliare la matassa insanguinata. John Carpenter scivola da dietro la macchina da presa e va a parlare con il protagonista del suo ultimo lavoro. Il set è quello di Cigarette Burns, uno degli episodi della serie Masters of Horror, un progetto di 13 episodi realizzato per il dvd e la tv via cavo americani cui partecipano, oltre a Carpenter, visionari del genere come Joe Dante, John Landis, Dario Argento, Tobe Hooper, Don Coscarelli, Mick Garris, Takashi Mike, LarryCohen, Stuart Gordon. È l'ultimo dei dieci giorni di riprese del film - una calda, limpidissima, giornata di luglio a Vancouver. Fuori è tutto verdi e blu smaglianti. Ma all'interno del grosso capannone dove ci troviamo è un altro mondo. A pochi metri dal fortino di monitor che circonda la cinepresa - resto di una scena precedente - riposa una vasca da bagno traboccante di sangue. Una ragazza bruna in accappatoio bianco si aggira sorridendo - corpo e faccia coperti di un rosso intenso e appiccicoso.
Storia di un collezionista (Kier) alla ricerca del film maledetto la cui unica proiezione - a Sitges - portò il pubblico in uno stato di deliquio omicida, Cigarette Burns è il ritorno alla regia di Carpenter dopo Ghosts of Mars.
Quale credi sia il significato di riunire questo gruppo di autori così importanti per il genere horror in un progetto come quello dei Masters?
Già il fatto che siamo tutti ancora vivi potrebbe essere una buona ragione. Siamo ancora in gradodi camminare! Quattro anni fa ci siamo riuniti tra noi per «spezzare il pane» e parlare di horror. È subito emerso che sarebbe stato molto divertente riuscire a mettere insieme qualcosa del genere. A ognuno il suo piccolo episodio. Da lì le cose si sono evolute. E ciascuno di noi ci ha messo la sua sensibilità individuale. Il che rende la cosa molto interessante. Perché volevano noi? Per far soldi...
Siete però anche una generazione che usava il genere in modo più sostanziale e politico di quanto lo si faccia adesso.
Credo che l'horror continui a avere un ruolo centrale. Non ha bisogno di noi per essere riabilitato. È vero però che noi abbiamo un modo particolare di raccontare le storie, scegliamo storie molto precise e prendiamo l'horror sul serio. Non è come il cinema di paura commerciale che si vede oggi: noi facciamo film «su» qualcosa. Raccontiamo storie che hanno a che fare con temi precisi che ci stanno a cuore. E io credo che questo progetto sia il nostrodono all'horror e al fantasy che ci hanno trattati così bene. Si tratta di generi che amiamo dal profondo del nostro cuore, su cui amiamo lavorare. Quindi, secondo me, Masters non è tanto un progetto su di noi ma sul cinema dell'orrore ed è per questo che mi piace. Senza contare che oggi il cinema e la televisione sono controllati da grosse corporation e dai loro interessi che tendono ad appiattire e a ripulire tutto. Quindi l'unico modo con cui ottenere qualcosa che sia veramente fuori dai denti, duro e affilato, è attraverso un progetto specialistico come questo, da cui ci si aspetta per definizione qualcosa di unico, differente. Ed è fantastico. Ho anche notato che i registi dell'orrore adorano mettere del sesso nei loro film, cosa che trovo buffa e che la dice lunga su gente come noi...
In un certo senso l'idea di filmare il male e filmare l'amore ha dei paralleli.
Oppure è semplicemente che dopo tanto male abbiamo bisogno anche noi di un po' di amore...(ride, ndr).
Cigarette Burns, il tuo episodio della serie, è un film sul potere del cinema...
Quando sono stato al festival di Torino, anni fa, ricordo che Dario (Argento, ndr) e io abbiamo discusso di come il vero potere del cinema stia nella bellezza, nella capacità di toccare le emozioni delle persone. E di che forma d'arte importante sia stata per tutti questi anni. Cigarette Burns è un film sul lato oscuro del potere del cinema, che trasporta i personaggi in una realtà alternativa. Distrugge, uccide. Suppongo si possa dire che è un po' una metafora dell'influenza dei film sugli spettatori. Certo, non credo che un film possa uccidere una persona, e meno ancora che possa portarla all'omicidio. Ma un film tocca la nostra anima, le nostra emotività interiore. Ricordo di essere cresciuto guardando film. Ancor oggi mi ricordo delle scene precise. E nelle mia memoria sono molto più vivide di quando le rivedo oggi.
C'è stato uno dei tuoi film che haprovocato nel pubblico reazioni molto forti che, mi hai raccontato, nemmeno tu ti saresti aspettato e che hanno avuto delle conseguenze sulla tua carriera. Mi riferisco a La Cosa. Ci hai pensato facendo questo film?
Forse, ma non consciamente. Comunque è vero che in un certo senso qui mi sono trovato di fronte a problemi analoghi rispetto a come mostrare certe cose. Il fatto è che se usi costantemente budella e gore, a un certo punto il pubblico risulta desensibilizzato. Ma se scegli con cura i luoghi adatti per farlo, allora lo inchiodi al muro. Di Cigarette Burns mi piace il fatto che sia un film semplice, piuttosto lineare, «educato», fino a un certo punto, poi diventa incredibilmente oltraggioso. Così, in un paio di scene, ho deciso di portare il gore veramente sopra le righe. Per esempio in una scena si capisce che stiamo guardando la ripersa di uno snuff film, una cosa molto disturbante. Poi c'è una decapitazione, anche lì un'immagine estrema che evoca ledecapitazioni di cui apprendiamo nelle news di Baghdad. Leggendo la sceneggiatura mi sono detto che sarebbero state scene molto dure. Ma il film era beneducato fino a quel punto, e proprio per quello potevo permettermi di essere improvvisamente maleducato, colpendo molto forte. Mi attira poter fare delle cose del genere.
Hai citato lo snuff. Parte di Cigarette Burns riguarda esplicitamente proprio quello che si può o non si può filmare.
È una domanda che dovrebbe essere intrinseca a ogni film. In Cigarette Burns abbiamo ripreso cose che per me, sul set, sono maravigliosamente divertenti, è make up, sangue finto, protesi di gomma. Ma l'effetto che ha sul pubblico - e suppongo sia proprio questo il soggetto del film - è chiaramente molto molto diverso.
Prima parlavi di realtà alternative. C'è un po' di Lovecraft - uno dei tuoi autori preferiti - e un po' del Seme della follia in questa sceneggiatura.
Là si trattava di un libro, qui di un filme gli esiti sono diversi ma ci sono molti punti in comune. È un tipo di orrore più concettuale. Ma il fatto che lo script sia costruito intorno a una ricerca mi ha fatto venire anche un po' in mente Chinatown.
Sono in uscita in Italia anche i remake di due dei tuoi film più famosi, Assault on Precinct 13 e The Fog...
Sono rimasto piacevolmente sorpreso da Assault. Mi sembra che il remake sia fatto piuttosto bene. È, per certi versi, un miglioramento del mio film. È certo più veloce. Più veloce e con più energia. Ha un budget maggiore e un grosso cast. E mi è piaciuto l'uso che hanno fatto della polizia, mi è sembrata una scelta più spericolata. Il Distretto 13 originale era una sorta di western e anche questo lo è un po'. Cosa che mi piace. The Fog (di cui è produttore esecutivo, ndr) invece non l'ho ancora visto finito (il film è uscito negli Usa un paio di settimane fa, ndr). Dalla sceneggiatura ho constatato che è un po' una versione al presente del mio film,che era una piccolo storia di fantasmi, ma è realizzato più come un horror contemporaneo, come i remake de La maschera di cera o i giapponesi The Ring e The Grudge. È un po' una formula ma a me va bene. Non volevo dirigerlo ma non mi dispiace che lo abbiano fatto.
* 7 episodi della serie Masters of Horror saranno presentati in prima internazionale al Torino Film Festival, in questi giorni. Giulia D'Agnolo Vallan è uno dei due direttori del festival.da Il manifesto

 









   
 



 
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