CLAUDE CHABROL
TUTTA LA CRUDELTA' DELL'IRONIA
 







di Cristina Piccino




Claude Chabrol

Intervista al regista francese, ospite a Torino per una retrospettiva dedicata al suo cinema
Il buon cibo e il buon vino. E infatti, ci ride su Chabrol, nulla è meglio per scegliere un attore che invitarlo a cena. Se mangia poco, copre con la mano il bicchiere quando gli versa il vino, certo è la persona sbagliata. Almeno per lui e per i suoi film. Settancique anni (è nato a Parigi nel 1930), ironia tagliente e battuta «cattiva» detta con grande gusto, Claude Chabrol è arrivato a Torino a accompagnare la retrospettiva che il festival gli ha dedicato (la curano Jean François Rauger, Roberto Turigliatto, Enrico Ghezzi). Una cascata di titoli che decostruiscono le zone a rischio dell'inconscio collettivo con occhi maligni, e un piacere della parodia che sfugge alla classificazione. Chabrol è giocatore eccellente che ama confondere il suo pubblico, tracciare linee riconoscibili per spiazzarle la volta dopo. Nouvelle vague di stravaganza la sua, capace anche ditradire l'idea «cahierista» - come Godard e Truffaut anche lui comincia a fare cinema scrivendo sui Cahiers du cinéma - dell'«autore». Amante di Murnau, Hitchcock (sul quale scrive un libro insieme a Eric Rohmer), Lang, Aldrich, tra i suoi compagni d'avventura della nouvelle vague si sente più vicino a Rohmer e a Resnais anche se gli rimprovera di «non avere un'idea abbastanza popolare del cinema».
Godard è un genio ma fa un cinema «insopportabile» ai più. Chabrol è anche l'iniziatore della nouvelle vague, Le beau Serge (59) viene considerato il primo film dell'onda che cambiò in sintonia col mondo il cinema francese. Lo stesso anno realizza Les cousins scritto da Paul Gégauff, un sodalizio fertile a cui si devono le sceneggiature di alcuni dei più bei titoli di Chabrol - A double tour (59); Les bonnes femmes (59-60) fino a Le magicien (1976). La carriera di Chabrol è fallimenti e successi, fantastico, grottesco realista, un po' l'immagine che il regista almeno oltralpe pare dia disé. Ma come i suoi film Chabrol è un congegno a sorpresa, che non risparmia nulla a cominciare dalla politica francese nei giorni della Paris jungle. «Non farei mai un film sulle banlieau, lascio queste cose a chi è più giovane e lo sa fare meglio di me. Per raccontare queste storie andrei piuttosto nei ministeri».
Che pensa di quanto sta accadendo oggi in Francia?
Credo che i giovani delle banlieau si siano stancati di fare da punch ball ai poliziotti. Sono esplosi ma con modestia. In fondo sono rimasti nei loro quartieri invece di visitare quelli degli altri, i quartieri più ricchi, trasformando una rivolta in rivoluzione. È sorprendente che diano fuoco alle proprie automobili e alle proprie scuole. Come è assurdo che sia stato dichiarato lo stato d'allerta, una decisione grave che è peggio del coprifuoco. Ma si sono viste molte cose strane questi giorni, il sindaco di una banlieau del partito vicino al governo (Ump), ha detto a quei ragazzi che non dovevanofar saltare le automonli lì ma nei quartieri alti. Da non crederci no?
Rivedendo qui i suoi primi film che impressione ha? Cosa è cambiato da allora?
Adoro fare cinema, mi è sempre piaciuto e mi piace ancora molto, oggi persino di più perché rispetto agli inizi ho meno angosce. Sono cambiate molte cose e molte altre sono le stesse, l'elemento costante è che non sopporto chi infastidisce sul lavoro, quei produttori che pretendono di dirmi cosa funziona e cosa no dopo che ci ho pensato per mesi. Ecco perché quando trovo produttori bravi a fare il loro mestiere, che è trovare i soldi, li conservo. Diffido invece dei produttori che sono registi frustrati.
Ha avuto spesso questi problemi?
Dagli inizi della carriera, moltissimi miei film sono stati fallimenti e così a un certo punto se mi presentavo con un mio soggetto dicevano che non era possibile, che sarebbe andato male e mi rifilavano un romanzo. L'unico modo per fare cinema era accettare ilcompromesso. Ma mentre giravo cambiavo tutto, i film che facevo erano la parodia delle loro idee. Era molto divertente lavorare così e inoltre i film andavano anche bene.
Nella sua filmografia è stata molto importante l'incontro con Paul Gégauff.
Eravamo molto amici e ci utilizzavamo a vicenda, io usavo lui e lui si serviva di me. Ma funzionava. Anche perché spesso mescolavamo il nostro lavoro, io scrivevo un personaggio, Gégauff un altro, seguendo il nostro istinto e le nostre ossessioni. La sua morte è stato uno dei momenti più terribili della mia vita. Ricordo che erano le otto del mattino, ero nella mia casa di campagna, al bagno, con la radio accesa. A un certo punto dicono che lo scrittore e sceneggiatore Paul Gégauff è stato ucciso alla vigilia di Natale con trentacinque coltellate dalla moglie. Ero triste e in qualche modo anche contento. Penso infatti che gli sarebbe piaciuto molto questo modo di morire, è molto vicino alle sue storie.
Il suonuovo film si chiama L'ivresse du pouvoir.
Si ispira vagamente a un fatto reale, uno scandalo commerciale esploso in Francia sul petrolio. Questo diciamo è «il cadavere», anche se nel film la parola «petrolio» non si pronuncia mai. Così il personaggio principale, una donna, che è Isabelle Huppert, il giudice istruttorio dell'inchiesta, non ha un legame con quello reale ma le somiglia un po'. E ugualmente gli altri personaggi fanno pensare alle persone coinvolte ma non lo sono... È una storia molto francese, il giudice istruttorio ne è la chiave, in Francia infatti è una figura che può avere poteri straordinari. Contro di lei cercano di lottare gli altri, ma, ripeto, non c'è una connessione con la realtà e per questo è un po' difficile raccontare la storia del film. L'idea era mostrare come questa donna sacrifica tutta la sua vita al lavoro, nella realtà il marito del giudice si è suicidato, nel film no, era un caso in cui la realtà mi sembrava eccessiva.
Sembrache anche stavolta prediliga come spesso nei suoi film la borghesia.
In Francia è la sola classe sociale che ancora esiste e si dichiara come tale facendo molta attenzione a mantenere il suo statuto. Chi ne è ai margini cerca di uniformarsi copiando il modo di vestire, l'impostazione della voce, l'egoismo. Altra cosa è l'alta borghesia francese che oggi tende soprattutto alla crudeltà verso gli altri. Lo vediamo nel modo in cui vuole impossessarsi dell'economia e della vita del paese, che non era possibile venti o trenta anni fa. Allora se al potere c'era la destra o la sinistra le differenze erano minime. Oggi la gente di destra non si rende conto di quanto sia insopportabile per tutti coloro che non fanno parte della loro casta. Cosa che naturalmente crea molte tensioni.da Il manifesto

 









   
 



 
21-12-2014 - Il film mediocre che è diventato una bandiera di libertà
20-11-2014 - Eliseo: sfratto annunciato, atteso e alla fine eseguito stamattina all’alba
15-10-2014 - ’Ironico, appassionato e rivoluzionario’ Saviano racconta il Leopardi di Martone
29-09-2014 - “Pasolini” di Abel Ferrara
19-09-2014 - Bertolucci, film-denuncia: "Buche e sampietrini, così Roma umilia i disabili"
04-09-2014 - “La trattativa”, Sabina Guzzanti porta al cinema il patto fra Stato e mafia
12-08-2014 - La nuova fase del Teatro Valle
05-08-2014 - Multisala in Fiera, guerra sull’affitto
13-06-2014 - Libero cinema in libera terra 2014, ecco il festival contro tutte le mafie
23-05-2014 - Il teatro Giordano riapre dopo otto anni
14-04-2014 - John Turturro: "Arte, cinema e musica, ecco perché mi sono innamorato dell’Italia"
21-03-2014 - “Quando c’era Berlinguer”
18-02-2014 - Shakespeare nella Padova di un secolo fa
17-02-2014 - “Adotta un film”, ecco come salvare i capolavori del cinema italiano
07-02-2014 - Quegli "uomini monumenti" a caccia di tesori

Privacy e Cookies