Scrittore in via di riscoperta nel suo paese, la Francia, Marcel Aymé, nato nel 1902 e morto nel 1967, sarebbe oggi del tutto assente dalle nostre librerie se non fosse per Il passamura (Robin, pp.146, euro 7,75), antologia di racconti fantastici e amaramente divertenti ambientati a Montmartre, dove l'autore visse per buona parte della sua vita. L'ultima edizione italiana del suo romanzo più noto, La giumenta verde (1933), risale al 1980, mentre buona parte delle sue opere, come il più che notevole Gustalin (1937) o Les chemins des écoliers (1946), sono tuttora inedite da noi. E anche i suoi meravigliosi racconti per l'infanzia, tradotti negli anni Ottanta da Stefania Bertola per la Emme Edizioni, sono stati per lungo tempo irreperibili in italiano: un vero peccato, visto che i diciassette Contes du chat perché, scritti tra il 1934 e il 1946 e via via pubblicati da Gallimard, sono senza dubbio uno dei grandi classici delle letteratura francese perl'infanzia, nonché un piccolo capolavoro ancora ampiamente leggibile dai bambini di tutto il mondo. Rimedia oggi a questa assenza una nuova edizione dei Contes pubblicata dall'editore Donzelli, che da alcuni anni va proponendo libri ufficialmente considerati per bambini - ma in realtà «per tutti» e che consentono diversi livelli di interpretazione a lettori diversamente consapevoli - come L'omino nel pane del grande poeta israeliano Nathan Zach (2003, traduzione di Elena Loewenthal) o I fantasmi di Rowan Oak (2005), curiosa e affascinante raccolta delle storie per ragazzi di William Faulkner, a cura di Luca Scarlini. Accompagnate dalla presentazione di Ascanio Celestini e dalla prefazione di Jacqueline Risset, Le storie del gatto sornione (pp. 290, euro 23,90) tornano nella ottima traduzione di Adelina Galeotti e Bianca Lazzaro e con le immagini di Nathalie Tchelpanova Parain, straordinaria disegnatrice russa trapiantata in Francia, che a partire dal 1937 fu l'interprete visivadei Contes, in precedenza illustrati dal pittore sovietico Natan Altman e da Madeleine Pary. Purtroppo le illustrazioni sono un po' sacrificate, e questa è l'unica modesta pecca di una edizione per il resto curatissima. E bisogna dire che nel panorama natalizio della narrativa per bambini, quest'anno più che mai povero di testi che non obbediscano alla travolgente voga della fantasy o che sappiano uscire dal recinto del banalmente «grazioso», Le storie del gatto sornione acquistano il sapore di una squisita provocazione, insinuando nel cuore di un'editoria in buona parte «usa e getta» come è quella per l'infanzia, una scrittura di indubbio livello capace di parlare ai lettori giovanissimi, di farli ridere e pensare. Perché non c'è dubbio che le storie di Delphine e Marinette, piccole campagnole circondate da animali parlanti che vivono avventure surreali, poetiche, umoristiche e spietate siano davvero letteratura: basta, per rendersene conto, leggere il racconto in cui unapantera viaggiatrice si insedia nella fattoria delle due bambine e finisce per morire assiderata in un paesaggio tutto bianco di neve, o quello in cui un maiale viene dotato di ali grazie a un rustico incantesimo e prende il volo per sfuggire alla mannaia dei padroni. La raffinatezza dello stile va di pari passo con la semplicità del linguaggio, e ciascun personaggio, dal gatto astuto all'anatra viaggiatrice, al gallo spione, al bue mago, ai cigni che improvvisano uno spettacolo di danza classica in mezzo alla strada, al lupo sedotto dalle bimbette ma che poi non resiste e se le mangia, è definito con grande maestria. Nessuno è del tutto buono o del tutto cattivo, a ognuno sono concessi passi falsi ed errori, quasi sempre sanati, però, dal provvidenziale innesto del meraviglioso e del fantastico sulla realtà quotidiana. Una realtà dura, certo, in cui gli adulti sembrano capaci solo di vietare e punire o di trasformare in arrosto o stufato gli animali più amati, ma che allo stessotempo è punteggiata da stratagemmi, burle e rivolte infantili, e arricchita dalla profonda solidarietà tra le protagoniste e l'irresistibile bestiario che le circonda, imparentato con quello delle Storie naturali di Renard ancor prima che con la favolistica di La Fontaine. Verrebbe da chiedersi (e qualcuno sicuramente lo farà) se queste storie scritte tanto tempo fa e collocate in un ambiente rurale così simile a quello del villaggio di Villers-Robert, in cui Aymé fu allevato nei primi anni del secolo scorso, non siano troppo lontane dall'esperienza e dagli interessi dei ragazzini di oggi, per la maggior parte dei quali - tanto per parafrasare Oscar Wilde - la campagna è un posto umido dove zampettano hamburger crudi. Ma la domanda, che riaffiora con esasperante puntualità sia a proposito della tradizione fiabesca che dei classici infantili, è per lo meno assurda, se non altro perché le grandi storie per bambini devono la loro sopravvivenza a una robusta selezione naturale chesalva soprattutto quelle capaci di toccare corde profonde e nascoste. Certo, oggi non è così facile incontrare genitori apertamente autoritari e perfino crudeli come quelli di Delphine e Marinette, perché, come ha scritto un critico francese, «Françoise Dolto è passata di qui», e insieme a lei tutta una schiera di implacabili équipes psicopedagogiche e di psicologi televisivi pronti al consiglio spicciolo. Ma quale bambino non ha mai sospettato che, in fondo, i genitori più buoni e affettuosi possano essere «anche» ingiusti e perfidi come le matrigne o gli orchi delle fiabe? E quale bambino ignora che è suo compito ingaggiare con essi, e con gli adulti in generale, una guerra che includerà molte battaglie vinte ma che alla fine perderà, per il puro e semplice fatto di crescere? Nel cosmo campestre di Delphine e Marinette, che rimanda a una realtà contadina e a un vissuto infantile storicamente definiti ma allo stesso tempo atemporali e densi di simboli, questa guerra vienecombattuta di storia in storia con la grazia stilizzata di un balletto, tra due schieramenti che includono da una parte i parents (attenti al soldo e un po' brutali, ma «ottimi genitori» dice ironicamente Aymé), un feroce soldato, una zia barbuta, e dall'altra le ragazzine e gli animali. Ed è anche per questo che genitori e figli dovrebbero leggere insieme Le storie del gatto sornione, monumento all'intrepido coraggio dei bambini e alla loro capacità di «vedere» il mondo in un altro modo.
|