Cos’è la realtà? Cos’è il mondo, come bisogna interpretarlo? Come dovrebbe essere? Quale miglior norma di studio l’essere umano può disporre per migliorare sé stesso e gli ambienti in cui vive? Deve farlo? Può farlo? E se la risposta a questa domanda è positiva, fino a che punto deve spingersi il singolo, nel compimento dei suoi sforzi, evitando frattanto di smarrire la propria identità e le proprie convinzioni? Domande che le nuove generazioni hanno smesso di porsi e che le precedenti, spesso ormai stanche, hanno deciso di accantonare come fossero dei vecchi libri non più attuali. Eppure parliamo di problemi esistenziali, nodi cruciali nella rotta di ogni uomo o donna del mondo civilizzato. Temi, questi, che tuttavia le culture contemporanee sembrano aver completamente dimenticato, tanto che in quelle rare occasioni nelle quali se ne torna a parlare la sensazione che resta in ciascuno di noi è di soddisfazione/appagamento per la serietà degli argomentitrattati. E’ un po’ ciò che accade a Gianluca, il protagonista del romanzo d’esordio di Gianluca Faiella, "I Moti dell’Animo" (Il Girasole Editrice), quando, passeggiando per la bella Firenze, conosce Carlo, un uomo anziano ma vispo nel parlare e nei modi. Ma chi è Carlo? Chi è questo simpatico vecchietto dalla pancia in fuori e gli occhi scintillanti? Filosofo, filantropo, storico, uomo di esperienza. Carlo invita Gianluca ad una cena con due amici, Arturo e Federico. L’incontro tra i quattro diverrà ideale occasione per un conciliabolo incentrato sui comparti basilari dell’esperienza esistenziale umana: l’esperienza, la libertà, la conoscenza, la razionalità, l’istinto, il volere; ma anche diritti umani ed economia, il capitalismo e la condizione del lavoratore subordinato: punti che, susseguendosi l’uno dopo l’altro, disegneranno un’ampia parabola, che giungerà a toccare persino ciò che Marx era solito definire "rapporti di produzione". La società e l’umanità vengonostudiate, scomposte, sezionate dall’autore che, con metodo scientifico, pone delle premesse, fa domande, crea ipotesi, formula teorie che poi evolve, cercando di non dogmatizzare mai nulla. Il cuore dell’opera è dunque profondo, ma il contesto in cui se ne sviluppano le verità è armonioso e confidenziale; una sorta di “angulus oraziano”. Uno scritto che, sebbene si rifaccia, strutturalmente, al romanzo, ha in sè elementi tipici del saggio; che stuzzica in maniera astuta, sapendo compensare in poco più di cento pagine, con un metodo cristallino, grossa parte di quegli "intralci" esistenziali che in oltre duemila anni di storia l’uomo non è ancora riuscito a definire correttamente né tantomeno a togliere dalla sua strada.
|