L’accoglienza incompiuta
 











Le cifre stimano che gli immigrati irregolari in Italia siano tra 700mila e un milione; un quinto sarebbero minori. Di fronte a fenomeni complessi la domanda-chiave è: «che differenza c’è tra subire un fenomeno sociale e riuscire a gestirlo?». Proprio il quesito con cui Fabio Sturani, ex sindaco di Ancona, e Luca Pacini dell’Anci (Associazione Comuni italiani) aprono la bella ricerca di Monia Giovannetti, L’accoglienza incompiuta (Il mulino: 376 pagine per 28 euri); il sotto-titolo Le politiche dei Comuni italiani verso un sistema di protezione nazionale per i minori stranieri non accompagnati è purtroppo un auspicio che ora sembra dissolversi: tutto ha fatto il governo tranne andare «verso un sistema di protezione».
La fotografia scattata da Monia Giovannetti resta attuale per almeno due motivi. Il primo è che mancava in Italia un lavoro così rigoroso e dunque abbiamo ora un fondamentale strumento di conoscenza; occorre un ventaglio di saperi(ricordano Sturani e Pacini) per affrontare la crescente complessità sociale. La seconda ragione è che il libro racconta soprattutto impotenze e difficoltà, smarrimenti e pregiudizi ma incontriamo idee e prassi all’altezza della sfida, il che induce all’ottimismo: se alcuni Comuni sono riusciti a far qualcosa persino nel caos legislativo e nel fosco clima di inizio secolo… quando in Italia si ritroveranno volontà politica e capacità progettuale il fenomeno potrebbe essere in gran parte governato.
L’autrice è una studiosa e ha al suo attivo anche esperienze di amministratrice (in Romagna). Ma L’accoglienza incompiuta nasce per volontà dell’Anci che con questo testo inaugura una collana con la collaborazione de Il Mulino.
Nell’introduzione Monia Giovannetti ricorda che nella storia d’Italia abbiamo già vissuto il fenomeno dei minori non accompagnati… a rovescia: sul finire dell’800 e inizio 900, fra gli italiani espatriati la percentuale dei minori si aggirava fra il 10 e il 17 percento. E’ sempre utile, nel tempo dell’oblio di Stato, confrontarci con quando «gli albanesi eravamo noi» (per rubare il sottotitolo dell’ Orda di Gianantonio Stella, efficace racconto delle nostre migrazioni pezzenti e dolorose). La prima parte del libro inquadra il fenomeno globale e le ricadute locali. Situazione europea dunque, poi tre casi specifici di Paesi (Francia, Spagna e Gran Bretagna) che hanno scelto differenti «modelli di protezione» per i Msna ovvero i minori stranieri non accompagnati.
Occorre fare qualche precisazione tecnico-giuridica perché le definizioni variano da uno Stato all’altro. Ma quel che conta è rispettare le convenzioni internazionali per la difesa dei minori che i Paesi europei hanno ratificato (non sempre adeguando le normative nazionali). L’autrice riassume le motivazioni dei Msna in 4 tipologie: fuga da guerre e/o persecuzioni; situazioni di povertà estrema; sconvolgimento del sistema sociale di appartenenza; attrazione per modelli di vita eopportunità (reali o immaginarie) che i media non cessano di irradiare.
Le stime parlano di circa 100mila Msna in 27 Paesi europei. Più difficile - per ragioni che l’autrice spiega - avere dati attendibili in Europa come in Italia. La parte emersa dell’iceberg è nelle segnalazioni al Comitato minori stranieri: 69.168 negli ultimi 9 anni, mediamente 7.700 all’anno con 7797 segnalazioni nel 2008: piccole variazioni nelle varie annate (un massimo di 8307, un minimo di 6.453) pur se il quadro d’insieme mutava. Insomma se i romeni diventano comunitari ma il totale Msna non cambia granché…la spiegazione va probabilmente cercata nel fatto che le strutture dell’accoglienza più di tanto non possono (o vogliono) fare. Si vede la parte del fenomeno in relazione alle disponibilità di operatori e strutture. C’è anche un ovvio tam-tam di comunità: se Prato si mostra più "accogliente" di Firenze qui si troverà una anomala percentuale di Msna; se una comunità si concentra nella tal zona sarà piùfacile per ragazze/i indirizzarsi lì, sperando in un aiuto di parenti o conoscenti.
Se molte sono le differenze tra Francia, Gran Bretagna e Spagna, appare quasi schizofrenica la situazione italiana: la rilevazione biennale sul fenomeno dei minori stranieri non accompagnati in Italia coordinata dalla Giovannetti per conto dell’Anci, mostra abissali diversità sul triennio 2004-2006: Comuni impegnati in progetti seri e nella formazione degli operatori, altri come le tre scimmiotte. Le tabelle svelano "l’offerta" di servizi ovvero i Comuni che, pur nel vuoto normativo e fondi col contagocce, hanno concretizzato servizi e interventi. I soliti noti? Sì, con qualche sorpresa che non è il caso di anticipare.
La seconda parte del volume ricostruisce «la centralità del governo locale». Come l’autrice chiarisce nella sintesi finale «l’assenza di procedure standardizzate a livello nazionale, la mancanza di un adeguato raccordo inter-istituzionale come di strumenti e risorse sufficienti […]hanno dato vita a un sistema di tutela territorialmente eterogeneo». Ma sui "minori stranieri" pesa quella seconda parola: spesso persone e istituzioni si ritrovano a scoprire il nemico in ogni bambino.
Il libro si chiude con un «caso di studio», l’esperienza di Prato, ben raccontata soprattutto nelle interviste. Luci e ombre. Molti interventi ribadiscono la necessità di un progetto d’insieme senza cui anche «la seconda accoglienza» non incide (alto è il numero di Msna che va in fuga). Un’assistente sociale conclude così una sua testimonianza: «poi è difficile entrare nello loro menti, sono molto diversi». Frase che si presta a diverse letture compresa quella razzistica del «non sono come noi».
Le brevi conclusioni dell’autrice vanno lette nel contesto di una nuova accelerazione delle politiche xenofobe e di smantellamento del Welfare. La novità del 2008, cioè il varo di risorse per la «sperimentazione di un sistema nazionale di protezione, presa in carico e integrazione deiminori» induceva Monia Giovannetti a un cauto ottimismo. Ora il quadro è mutato in peggio.
Mentre l’Unione europea continua a chiederci conto delle violazioni rispetto ai diritti minimi dei migranti (e dei minori in particolare), il governo BB - non è la Banda Bassotti ma peggio Bossi e Berlusconi - continua a soffiare sul fuoco dell’insicurezza e affronta temi sociali con insensata repressione e/o deliri burocratici. Verrebbe da dire che quell’ accoglienza prima "incompiuta" è ora "impossibile".
Brutte novità chiarisce Giovanetti, sentita al telefono. «Per i Msna affidati o sottoposti a tutela sarà richiesto, per un permesso di soggiorno alla maggiore età, aver soggiornato in Italia almeno 3 anni e l’inserimento di 2 in un percorso di integrazione, disponibilità di alloggio, iscrizione a un corso di studio o svolgimento di attività lavorativa. Non potrà più essere rilasciato un permesso ai minori che, pur affidati o sottoposti a tutela, siano entrati in Italia dopo il compimentodei 15 anni e/o non possano dimostrare di aver partecipato a un progetto di integrazione per 2 anni. Anche se lavorano o sono iscritti a scuola, alla maggiore età verrebbero espulsi o resterebbero in Italia come irregolari. La fascia di età 16 -17 racchiude da sempre circa il 70% dei Msna e nell’ultimo anno l’87% dei minori segnalati era nella fascia 15-17: risulta lampante la discrasia della previsione normativa con la presa in carico del minore. L’esclusione dei Msna entrati in Italia dopo i 15 anni, oltre a essere discriminatoria, è particolarmente preoccupante per i Comuni. Lungi dal bloccare l’arrivo dei minori, il provvedimento avrà due risultati concreti: 1. scoraggerà i minori dall’emergere con tutte le conseguenze che ciò porta in termini di esposizione a rischi di sfruttamento e lavoro nero; 2. Abbasserà l’età dei minori in arrivo. Complicando o rendendo vano (con grave spreco di risorse) il lavoro dei Comuni, perché i minori presi in carico saranno più piccoli, per molti nonci saranno prospettive di integrazione dopo la maggiore età e verranno da percorsi sempre più pericolosi e degradanti. Invece di sostenere il lavoro dei territori a favore dei diritti e della protezione dei minori con norme e risorse adeguate, si peggiora la situazione. Non porterebbe vantaggi nemmeno in termini di sicurezza, favorendo al contrario il sommerso, lo sfruttamento, l’illegalità».
Nonostante le nuove leggi razziste, qualcosa si può costruire: proprio il libro della Giovanetti mostra come nei territori vi siano risorse e persone disponibili a inserirsi in progetti per accogliere anziché rifiutare. Daniele Barbieri









   
 



 
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