I TAVIANI: LE UTOPIE E LA DURA REALTÀ.
 







di Antonio NAPOLITANO




I fratelli Paolo e Vittorio Taviani, appena ventenni, sono -nel 1950- tra i dirigenti più attivi del Circolo del Cinema di Pisa.
Dal 1954 in poi, in collaborazione con V.Orsini girano alcuni documentari, "San Miniato ’44", “C.Pisacane", "Ville di Brianza" eccetera.
Nel 1960 lavorano come assistenti di Joris Ivens per "L’Italia non è un paese povero". Un’esperienza formativa di ottimo livello.
Nel 1962 realizzano "Un uomo da bruciare", ispirato alla vita del sindacalista siciliano S.Carnevale, ucciso dalla mafia (interprete Gian Maria Volontè).
"Le intenzioni degli esordiente registi non sempre sono risolte, ma è sincero il loro impegno civile" (annota M.Morandini). 
Una qualche enfasi polemica si riscontra anche ne "I fuorilegge del matrimonio" (1963), un mosaico di motivi a favore del divorzio ancora non in vigore in Italia.
Dopo la separazione da Orsini il 1967 è l’anno de "I sovversivi" , un discorso a vari pianisulle aporie della sinistra italiana nel pre-’68.
È la messa in luce del conflitto tra il dramma esistenziale e quello collettivo nell’assenza di una cerniera che li tenga insieme nel corso della realtà quotidiana.
In forma più strettamente simbolica sarà rappresentata la divergenza tra moderati e rivoluzionari in "Sotto il segno dello scorpione", fischiato a Venezia dai contestatori del Festival (Fofi scriverà: "gli autori si leggano Mao!").
Una ben più sottile allegoria storico-politica è presente in "San Michele aveva un gallo" (1971). In esso, il bravo Giulio Brogi presta il suo volto a all’anarchico irremovibile nella sua vibrante fede, fino al suicidio.
L’articolazione degli episodi è scandita con preciso ritmo dialettico e profonda appare l’analisi introspettiva, in parte derivata dal soggetto tolstoiano ("Il divino e l’umano").
"Allonsanfan"(1974) è il racconto di un’ulteriore utopia, demolita dalla dura realtà dei fatti.
Sarà vano anche il tentativo adi riscatto morale del protagonista Fulvio Imbriani. A salvarsi sarà l’umile Allonsanfan che racconterà poi di una vittoria inventata di sana pianta.
"L’uomo ideologico corre troppo innanzi all’uomo biologico... e occorre confessare che Fulvio è una parte di noi", chiosano gli stessi autori in un’intervista di poco posteriore al film.
Decisi a scavare nella microstoria, i Taviani -nel 1977- portano sullo schermo il romanzo (autobiografico) di Gavino Ledda "Padre padrone".
È la vicenda del ragazzo sardo che, a dispetto del tirannico genitore e da lui obbligato ai più umili lavori, studia di notte per arrivare all’università.
Lo scarno paesaggio isolano è quasi un correlato oggettivo delle due forti personalità. Nei rispettivi ruoli, O.Antonutti e S.Marconi mostrano di possederne  l’aspra caparbietà.
L’opera guadagnerà la "Palma d’oro", decretata a Cannes da una giuria presieduta da Roberto Rossellini. (Altri tempi!)
Meno incisivo sarà "Il prato" (1979) dallatrama sofisticata e alquanto dispersiva. Superficialmente disegnate sono le figure del giudice idealista, dell’animatrice teatrale e dei loro amici tutti impegnati in vaghi progetti (uno per tutti: il riuso delle terre abbandonate da decenni).
Una vigorosa ripresa creativa è segnata, invece, da "La notte di San Lorenzo" (1982).
Qui la cinepresa dei Taviani individua e segue un gruppo di contadini toscani che, nel ’44 per sottrarsi alla furia nazista tenta di raggiungere i gli avamposti della U.S.Army.
Nel racconto postumo,  viene reso, in modo appropriato, il senso della natura impassibile di fronte al sangue sparso negli scontri tra opposte fazioni.
La cronaca più minuta si fa così tremenda allegoria della perenne lotta tra gli uomini, dalla quale la donna che racconta spera che il "figlioletto riesca a scampare".
"Kaos" (1984) è fatto di quattro episodi che, sulle orme di Pirandello, vanno a indagare nell’anima più segreta della Sicilia.
C’è la donnadisperata che scrive lettere ad un figlio che non le riceverà, c’è il licantropo guarito dall’amorosa moglie, c’è la gustosa diatriba sulla giara di zi Dima, quasi una farsa sulla "lotta di classe" e c’è il pathos del colloquio dello scrittore con la dolce ombra della madre.
Un pò fuori della linea stilistica si collocherà "Good morning, Babilonia" del 1987, un giusto omaggio al talento di due artigiani toscani che, in America, danno un solido contributo al Kolossal di Griffith "Intolerance". (Ah, questi compaesani!).
Ben più cesellata appare la narrazione de "Il sole anche di notte" (1990) (da "Padre Sergio" di L.Tolstoj).
Il ritirarsi lontano dalla vita nobiliare diventa una rigorosa ricerca della verità, al di là d’ogni orgoglio terreno. In tal modo emerge del protagonista un ritratto psicologico d’alto spessore, quasi in stile rembrandtiano.
Una saga affollata e, a tratti contraddittoria è "Fiorile" (1993). Le odiose querelles  tra i Benedetti nel corso deilunghi anni appaiono ripetitive e poco convincenti.
Dopotutto, andrà meglio l’incontro con il Goethe de "Le affinità elettive" (1996).
Il libero adattamento del testo non ne pregiudica la sostanziale aura di sereno romanticismo. E Isabelle Huppert e Fabrizio Bentivoglio appaiono all’altezza dell’arduo compito loro assegnato.
Nelle 1998, con "Tu ridi" i due fratelli-registi sono di nuovo impegnati in vicende dal sapore pirandelliano.
La tessitura dei fatti è ridondante dato l’accavallarsi di eventi analoghi (sequestri) ma in tempi diversi. Ciò rende talvolta faticosa il districarne gli elementi di significato primario.
Indiscutibile è, invece, la bravura dei vari T.Ferro, L.Arena e A.Albanese.
Tra il 2001 e il 2004, i Taviani lavoreranno in TV per "Resurrezione" e "Luisa Sanfelice", altri casi di dolorose utopie e di duri contraccolpi da parte della realtà.
In più momenti, essi sapranno sottrarsi alla routine del massmedium che tutto appiattisce eridimensiona.
Poi, nel 2007 con "La masseria delle allodole" verranno ripresi in pieno gli agganci con gli eventi storici.
Il film, infatti, è centrato sul genocidio degli Armeni ad opera dei Turchi (nel periodo della prima guerra mondiale).
La famiglia Avakian verrà travolta dalla tempesta razzista e diversi suoi membri  moriranno nella deportazione verso la Siria.
Ancora una volta sotto la nitida lente dei registi emergerà il contrasto tra una aspirazione utopica e la crudelissima realtà.
Perciò, a leggere la più gran parte di quanto i Taviani hanno realizzato, è questo il profilo di consistenza che è visibile a colpo d’occhio: un’epica guardata oggettivamente, senza sorpresa né nichilismo, con l’animo stoico di chi, testimoniando la verità dei fatti, sa di adempiere ad un dovere che sia già di per sé stesso una primaria virtù.

 









   
 



 
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