LA MACCHIETTA NERA DI NAPOLI
 







di Andrea Fabozzi




L'ultima invettiva di Giorgio Bocca contro la città di Napoli non è «un'inchiesta straordinaria» come reclamizza la quarta di copertina ma un libro comunque utile e rapido da leggere. Non è un lavoro accurato, preciso, informato e nuovo come altri del grande giornalista piemontese. Al contrario è pieno di semplificazioni, imprecisioni (personaggi citati sempre col nome sbagliato e, forse più grave, talvolta col nome corretto e talaltra col nome sbagliato), errori grossolani come quello che hanno notato in molti già nella prima pagina: donne a passeggio scippate in tangenziale. Impossibile: è una specie di autostrada e a piedi non si entra. E' un po' come denunciare la pesca di frodo a Cuneo. Bocca riferisce di averla sentita da un tassista, ma una volta i vecchi cronisti non insegnavano a non citare mai i tassisti? L'invettiva avrebbe una tesi: Napoli siamo noi (Feltrinelli, 130 pagine, 14 euro). Cioè la malavita, la corruzione e «l'infamia» dellavita pubblica sarebbero un modello che nel frattempo si è affermato in tutto il paese. Trionfante con Berlusconi al governo. Ma nel libro niente lo spiega. Al contrario Bocca cala in città col suo bagaglio di spiegazioni semplici che tutte somigliano al preconcetto. Per questo gli hanno dato del leghista e fascista, esagerando. Il tipo dell'intellettuale napoletano che non vive a Napoli ha la collera facile.
Quante volte l'abbiamo sentito? I più reattivi difensori della città abitano lontano. A Napoli Bocca ha trovato solo persone disponibili all'auto denigrazione, e si è fidato. Cronista esperto, avrebbe dovuto evitarlo. Nulla piace di più ai napoletani che parlare male di loro stessi. Pare impossibile, ma anche questo è un segno di distinzione: si recita la perenne macchietta della città irriducibile. Normale mai. Perciò non basta che una critica diventi autocritica in bocca a qualche personaggio pubblico cittadino perché sia attendibile. Spesso è vero il contrario. Napoli è piùdifficile. Forse per questo resta un palco comodo per i cronisti pigri. Qualche mese fa - per restare dalle parti di Giorgio Bocca - l'Espresso lanciò in copertina la sentenza definitiva: «Napoli addio». Scandalo, polemiche. Sulla base di un servizio che come denuncia più forte aveva il numero di motorini sequestrati durante l'estate: 700. Sicuramente un record, anche se l'interpretazione andrebbe discussa: un punto in favore del crimine o della legalità? Ma il merito importa poco in certe campagne: nello stesso periodo a Roma bruciavano più di 300 tra moto e automobili. Senza scandalo.
Non si salva nel libro di Bocca la difesa acritica dell'ex procuratore Cordova. Il giornalista ha un conflitto di interessi, dichiarato: parteggia per il personaggio. Moralisti militanti, i due un po' si assomigliano e si ritrovano a bestemmiare sulla città in mano ai poteri lassisti. Eppure Bocca avrebbe a disposizione le testimonianze di quasi tutti i magistrati che con Agostino Cordova hannocercato di lavorare. Se il Csm l'ha trasferito - dovendo superare, particolare non trascurabile, la resistenza del governo Berlusconi - è perché aveva trasformato gli uffici giudiziari in un castello di burocrazia. Scriveva 100 ordini d servizio l'anno. E perché Bocca ha dimenticato il tentativo di Cordova di sgonfiare l'indagine sui poliziotti che avevano fatto le prove generali del G8 di Genova, a Napoli nel marzo del 2001? E la nidiata di ex fedelissimi del procuratore che oggi si raccoglie nel centrodestra, dalla quale Berlusconi voleva attingere per il candidato sindaco?
Il libro si salva quando Bocca recupera il mestiere, vede cose e le racconta sapendo ancora raccogliere in due parole l'essenza dei fatti. Come la diversità tra Rosa Russo Iervolino e Antonio Bassolino, rintracciata nei due studi: il divano mezzo sfondato e borbonico della sindaca e il minimalismo hi-tech del presidente della Regione. Si salva il libro soprattutto quando inquadra il cuore del problema: laborghesia napoletana. Cresciuta su corruzione e malaffare, il male travestito da cura. Imprenditori tirati su con la spartizione di una ricchezza assistita e di rapina che firmano appelli per la rinascita della città. E' il tema di oggi, della prossima campagna elettorale. da IL Manifesto









   
 



 
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