Stéphane Hessel: «Dopo l’indignazione è l’ora dell’impegno sociale»
 











Stéphane Hessel

Solo poche settimane fa erano in migliaia sul plateau des Glières, l’altopiano della Savoia divenuto uno dei simboli della Resistenza francese, dove nel marzo del 1944 caddero più di 120 partigiani per mano dei soldati della Wehrmacht e dei miliziani di Vichy: erano venuti da tutto il paese per ribadire i valori di libertà, uguaglianza e fraternità che sono a fondamento dell’esistenza stessa della République. Un appuntamento che ha preso forma ogni anno da quando, nel 2004, un gruppo di ex partigiani diffuse l’"Appello dei resistenti alle giovani generazioni" che riprendeva i punti del programma steso esattamente sessant’anni prima dal Consiglio Nazionale della Resistenza, il Cln transalpino, per invitare i francesi a sollevarsi contro gli occupanti tedeschi e i loro collaborazionisti locali. «Creare è resistere, Resistere è creare. - spiegava l’Appello dopo aver ricordato come - Il motore della Resistenza era l’indignazione. Noi, veterani deimovimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera, ci appelliamo alle nuove generazioni perché mantengano in vita e tramandino l’eredità e gli ideali della Resistenza. Diciamo loro: ora tocca a voi, indignatevi!». E tra i primi firmatari di quel testo c’era un ex resistente, scampato al campo nazista di Buchenwald e divenuto poi un diplomatico di carriera, che si è in seguito trasformato nell’icona dei nuovi movimenti giovanili di protesta che stanno attraversando l’Europa: dalla Francia alla Spagna fino al nostro paese.
Classe 1917, nato a Berlino in una famiglia ebrea, naturalizzato francese, un passato nella Resistenza, sul campo, e poi a Londra accanto al generale De Gaulle, Stéphane Hessel dopo gli studi all’Ecole Normale Supérieure entrò al Ministero degli Esteri di Parigi nel 1946 e collaborò con il segretariato generale dell’Onu, partecipando, tra l’altro, alla stesura della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nel 1948. In seguito harappresentato la Francia in Indocina e in Africa e si è distinto nel ruolo di "mediatore" sia all’estero, ad esempio nel conflitto tra le due comunità del Ruanda all’inizio degli anni Novanta, che in patria, intervenendo a favore dei sans papiers che avevano occupato la chiesa parigina di Saint Ambroise nel 1996.
E’ questo il profilo dell’uomo che nell’ottobre del 2010, con la pubblicazione, dapprima in Francia e quindi in decine di paesi di tutto il mondo - in pochi mesi aveva già venduto più di un milione di copie -, di un pamphlet di poche decine di pagine intitolato semplicemente Indignatevi!, in Italia è uscito per l’editore torinese Add (pp. 62, euro 5,00), ha inaugurato un nuovo modo di comunicare e agire nello spazio politico e culturale: qualcosa che nei tempi ultrarapidi della rete e dei social network è diventato un punto di riferimento per centinaia di migliaia di giovani. Se a proposito di quel primo libro di Hessel, una sorta di manifesto che, ribadendo l’attualitàdei temi evocati nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e la lezione storica della resistenza antifascista, invitava soprattutto i giovani a una sorta di rivolta morale contro le diseguaglianze sociali, il razzismo e le discriminazioni, c’era chi aveva scomodato perfino l’Emile Zola del celebre J’Accuse…! dell’affaire Dreyfus, ora la denuncia pubblica nei confronti di un sopruso o di un’ingiustizia lascia spazio all’invito all’azione.
Non a caso si intitola Impegnatevi! (Salani, pp. 108, euro 6,50) il nuovo libro che l’ex partigiano francese propone oggi ai suoi numerosi estimatori nella forma di una lunga intervista concessa a Gilles Vanderpooten. Per Hessel si tratta di immaginare lo sviluppo di un movimento civile globale che si batta per la solidarietà e la cooperazione tra popoli e paesi, per la difesa di uno sviluppo compatibile con le risorse naturali e per la giustizia sociale. «Viviamo in un mondo d’interdipendenze nel quale i cambiamenti possono avvenire soltanto tuttiinsieme. Cosa che implica una solidarietà. Concretamente, questa solidarietà prende corpo nelle reti numerose e sempre più fitte di organizzazioni civiche, di difesa dei diritti dell’uomo, di lotta per lo sviluppo», spiega l’ex partigiano, prima di concludere: «Resistere significa rendersi conto che siamo circondati da cose scandalose che devono essere combattute con vigore». Guido Caldiron









   
 



 
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