Con il testo “Via Ripetta 67”, Agnese De Donato, pone in essere tutte le sue potenzialità, non solo la suprema eccellenza del Suo senso artistico, ma anche l’ assenza di ogni preconcetto nel suo “libro-fotografia”. L’ autrice mostra uno spiccato senso umano, parlando e partendo da se, accompagnato da una acuta e precisa consapevolezza. Si deve molto all’ obiettivo della sua macchina fotografica, quasi fosse l’ occhio del Suo cuore, per i flash rivolti ai vari ranghi sociali, che Le si posano e si sono posati di fronte. Si evince dall’ Opera “Via Ripetta 67”, che la Sua “preoccupazione” vien fuori per discostante ufficialità e perfezione stilistica del “suo” scatto fotografico, partecipando così tra le “vesti gelide” del personaggio che si alterna, che poi si scioglie nel proprio ego, quasi un comune codice tra fantasia e realtà. Agnese De Donato porge con il suo testo un taglio molto vicino ad un suggerimento: occorre esseredevoti a quell’ Amor contemplato dalla bellezza morale trascendente l’ Umano. E’ giusta la sua necessità nel possedere un’ immagine personale,che si allarga, grazie, alla sua accoglienza alla libreria storica “Ferro di Cavallo”, per le sue foto-emozioni-narranti. Nella sua libreria-cucina, le persone a cui prestava attenzione, Le si rivolgevano direttamente allo spirito, cosa rara nell’ arte. Sicchè, grosse affluenze di scrittori, pittori, poeti che nel tempo i loro nomi sono divenuti di grosso spessore. Come non ricordare le goliardate, le complicità fatte di pochi soldi e tanti cuori gonfi per la futura…esplosione. La De Donato squisita ed ottima anfitrione ha ben incastrato, facendo da trade-union, tutti i tasselli, per vocazione ancestrale, per Sua bellezza di donna, per Sua “scienza” e fertilità d’ incontri. Quello della libreria era il vero faro ridondo di luminosità. Ognuno vi si alternava. Come Valentino Zeichen con il suo morbido intervento nel testo di Agnese “L’ Acquario delle menti”, conferma quasi il suo voler dire: “da quando ero piccolo è stata la mia vita una specie di religione, più di quanto avrei potuto cercarla in una religione organizzata. Il punto perciò non è dire che io sia o sia stato una specie appartenente al fashion-system, più tosto sottolineo la predominanza di ciò che ha significato Agnese, specificando la scuola della vita solo vivendo.” Sostenuta in sequenza dall’ intervento di Alfredo Giuliani: “ Pochi tenaci ricordi.” Quanta intensità nel farci arrivare i suoi “anni magnifici” dal 1960, per frequentazione della libreria Ferro di Cavallo quasi rapito dalla libraia Agnese come fosse una divinità. Gli artisti però lavorano in situ. La fecondazione dà a loro la possibilità accompagnandoli nei loro progetti perché affrontino il grosso tema-tempo della acquisizione ad personam. L’ Autrice con la sua Opera per sua traccia-serena interiore la si può definire anche “Psicologa delle folle”, essa ci autorizza a cercarenei suoi “posti-anima” il seme che da sempre custodisce. “Il quartiere di lillà” accolse anche Antonio Mallardi e come riferisce nell’ epilogo inserito nel testo Via Ripetta 67, nel leggerlo, rispettiamone il suo senso: ha lasciato che il fiore di Lillà non sfiorisse a qual si voglia alito se non per suo linguaggio floreale. Evidente la simbologia del fiore prezioso: Agnese De Donato “Il Ferro di Cavallo”, è una scuderia di razza che ha ben accolto l’ Arte povera e molto più l’ ha sostenuta.
|