Che rabbia. Abbiamo un regista di grande livello, uno tutto d’un pezzo che non accetta la televisione anche se ne avrebbe bisogno, perché il sistema gli fa schifo, e un film di grande valore. Il primo non lo conosciamo come dovremmo, il secondo non l’abbiamo mai visto. Parliamo di Ivano De Matteo e La bella gente: passato al festival di Torino, ne ho sentito parlare da un amico francese. Meraviglioso, diceva, e io non sapevo neanche quando sarebbe uscito in Italia. Oltralpe faceva 300.000 euro - è stato girato in 4 settimane con il solo contributo statale di 450.000 euro -, da noi una brutta storia di mala produzione e distribuzione continua a tenerlo fuori dalle sale, nonostante un cast eccellente, per notorietà e qualità delle performance: Elio Germano è un giovane ricco e individualista, fastidioso nel suo egoismo senza se e senza ma, Monica Guerritore una signora benpensante e benestante che rappresenta, quasi fino allo stereotipo, la peggioresinistra radical chic, schiava di ideali in cui non crede e della sua doppia morale. E ancora Antonio Catania, debole principe consorte, e la coppia Giorgio Gobbi-Iaia Forte, cafoni arricchiti molto più "simpatici e onesti" della coppia bene. E al centro di tutto la prostituta redenta, Victoria Larchenko, bella e bravissima nel mostrarci che l’inferno da cui viene strappata è migliore di quello, con piscina e giardino, in cui i suoi salvatori vogliono (dis)integrarla. De Matteo, con talento e rabbia, racconta la storia della generosità pelosa delle società ricche, di Quelli che ben pensano che cantava Frankie Hi Nrg Mc. Di chi fa beneficienza e magari picchia le figlie, di chi vorrebbe salvare il mondo a parole e nei fatti non ama chi comincia a pretendere quello che gli è stato promesso. Un film potente e ben fatto che ci dice molto di noi, un’opera che ha messo d’accordo il Teatro Valle Occupato, che qualche giorno fa ne ha ospitato l’anteprima in "sala", e la Direzione GeneraleCinema, che venerdì ha proiettato il lungometraggio sui suoi schermi. Quest’ultima, peraltro, ha fatto tutto perché il film uscisse, ha persino annullato il contratto che legava il finanziamento al distributore che tiene in ostaggio questo gioiello per avidità personale, per follia- senza essere paranoicamente dietrologi, non sembra esserci alcuna strategia commerciale o politica dietro al suo rifiutare le 50 sale che sarebbero disposte ad accogliere il film-, per una legge che ha obbligato tutti ad accettare un’offerta sbagliata. Una storia lunga e brutta, tutta italiana. E allora se le due realtà appena citate hanno trovato ne La bella gente un momento di condivisione, noi da queste pagine lo recensiamo. Come se fosse in sala, perché dovrebbe essere in sala. Perché ve lo ricordiate, perché anche chi legge, nel suo piccolo, lotti perché quest’opera di valore abbia giustizia. Un film politico, nel senso più ampio del termine, un piccolo grande saggio di cinema e recitazione, unospaccato sociale che merita, per il suo coraggio e la sua forza, di avere un pubblico. Proprio tra quelli che, probabilmente, si sentiranno toccati dallo sguardo lucido e non conformista di un regista fuori dagli schemi e arrabbiato. Come noi.B.S.