Martedì 21 novembre, alle ore 18.00, alla FNAC di Napoli, Sergio Lambiase, Annella Prisco, Maurizio Sibilio e Sergio Zazzera presenteranno “Panicocoli. Undici storie di provincia” di Antonio Cacciapuoti (Kairòs Edizioni, Napoli, 2006). Il libro è una raccolta di racconti intrisa di un’amarezza che, invece di colorarsi di accenti patetici, mantiene sino alla fine un’asciuttezza ed una sobrietà sorprendenti. Forse perché l’Autore riesce a dipingere i numerosi personaggi, accomunati dai nomi bizzarri (‘O Podestà, Fabiuccio ‘o tedesco, Giuanno Poppò, Vincenzino ‘o niro) come dalla sorte ingrata, con una partecipazione così viva che si trasmette al lettore, coinvolto, suo malgrado, in queste vicende dove superstizioni, fatalismo e antichi pregiudizi si mescolano in un mix ben calibrato. Dalle disavventure di queste figure, quasi tragicomiche per la pazienza e la rassegnazione con cui si pongono di fronte al destino inclemente, scaturisce unquadro realistico di Panicocoli, l’attuale Villaricca, paese cattolico devoto al culto di San Rocco, privo fino agli anni sessanta persino del cimitero tanto da appoggiarsi per i cortei funebri al comune limitrofo di Giugliano. Nonostante la sua arretratezza, anche Panicocoli viene investita dal progresso che ne cancella le tradizioni, come l’usanza, prevista per i più poveri, della “cascia e còtena”, il baldacchino munito di ruote e ricoperto da una coltre nera su cui si adagiava la cassa col defunto, diventata obsoleta con l’avvento dell’automobile. Resistono, invece, le credenze popolari e quella religiosità ingenua e bigotta che spinge i più ricchi ad essere generosi per conquistarsi un posto in Paradiso, salvo poi essere beffati dal destino come nel caso della famiglia del Podestà, vittima di inspiegabili sciagure dopo il pellegrinaggio a Pompei. Sullo sfondo del fascismo, del secondo conflitto mondiale e del dopoguerra, si collocano le vicende di questi abitanti un po’creduloni, schiavi di sentimenti comuni come la gelosia e il senso dell’onore. Una storia di adulterio e vendetta è, ad esempio, “Nanninella ‘e papanonno”, in cui la sgraziata protagonista è contesa fra due uomini: Luigino, che l’ha sposata solo per la dote, e Carlucciello, sfaticato ma romantico. Sulla trovata dello spiritello dispettoso che assume le sembianze di un monaco per turbare la pace familiare è costruito, invece, “Principino e ‘o munaciello”, tutto giocato sul passaggio dall’ambiente plebeo a quello nobiliare, accomunati solo dal clima di sospetto che accompagna due gravidanze inaspettate. Altrove dominano le atmosfere cupe, come ne “Gli scavatori di pietra di Panicocoli”, in cui un vecchio bersagliere ricorda episodi strani del suo passato, rivelando al giovane Cenzino di aver udito dei lamenti nella zona delle masserie sui monti, dove erano stati gettati i cadaveri di uomini e animali. In “Feliciell’ ‘a morte” al povero Feliciello, un autentico perseguitato dallasfortuna, toccherà di imbattersi in un lupo mannaro, sotto le cui animalesche sembianze si cela un suo compaesano. È presente nei racconti di Cacciapuoti, già autore della raccolta “Terroni. Racconti per sette sere” edita da Tempo Lungo, una critica, nemmeno tanto velata, al fascismo. Non a caso, il personaggio dell’ex-sindaco di Panicocoli, è stimato da tutti per essersi mantenuto estraneo a metodi drastici quali purghe e manganelli, così in voga ai tempi del regime in cui era stato nominato podestà. Echi degli eventi bellici che vedono il coinvolgimento dell’Italia in guerra si ritrovano in “Vincenzino ‘o niro” e in “Nanninella ‘e papanonno”: in entrambi i casi le aspettative dei protagonisti verranno infrante dall’imprevedibile corso della storia. Sedotti dalla retorica del fascismo, contadini e sfaccendati si trasferiranno in Africa ed in Spagna per sfuggire alla miseria ma saranno poi costretti ad un amaro ritorno al paese. I cambiamenti sociali prodotti dall’avvento dellademocrazia si riflettono lentamente sulla vita di Panicocoli, in cui il costituirsi di piccoli partiti avversi ai “signori” come quello comunista e la lenta diffusione di fenomeni di vasta portata come la droga destano subito scalpore (la notizia della morte per overdose di Vincenzino ‘o Niro). Determinante nell’infondere realismo alla narrazione è il frequente ricorso al dialetto, a cui le provvidenziali didascalie forniscono una chiara traduzione. Monica Florio
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