“Servo di scena” di Ronald Harwood
 











Son cose di teatro e di teatranti, ma è anche la breccia che permette di penetrare certi meccanismi che il sipario chiuso nasconde. Sono i sentimenti di chi è costretto a vivere in modo asfittico relazioni all’interno di una compagnia mentre il grande cielo aperto del teatro, con la t maiuscola, ad ogni istante mostra spiragli di creatività e di grandezza universali.
Sono quei congegni ad orologeria che permettono implosioni ed esplosioni, delusioni e speranze, realtà e finzione e tutti gli ossimori che un bravo attore deve sapere accendere poi nel pubblico quando le luci lo fanno emergere dal nulla e gli danno quella vita effimera che ne motiva l’esistenza.
Quando il vecchio Sir arriva in quel camerino ingombro di materiale teatrale, autentico trovarobato, il suo passo è vacillante e come un’aura cinica prepotente sembra fargli da cornice. Ma, si sa, per un egocentrico accentratore, per un istrione com’è diventato il vecchio attore, occorrequanto meno un contraltare, una figura che faccia da mediatore, anzi che sappia ricoprire tutta una serie di ruoli che vanno dall’assistente/segretario, al consigliere, al consolatore, a colui che tiene sempre pronta una spalla dove piangere che, alla bisogna, sappia diventare sostegno dove appoggiarsi.
Dresser li chiamano gli inglesi, con un termine che ricorda il vestirsi, ma che in realtà è un vocabolo introducibile, perché il servo di scena non si limita ad aiutare l’attore, il capocomico ad abbigliarsi per la scena, deve prevederne i bisogni, curarne il riposo fra un atto e l’altro, vigile al suo benessere. “Servo di scena” , oggi presente nel cartellone del Teatro di Roma nello spazio del Teatro Argentina, è un capolavoro firmato da Ronald Harwood nel 1955, quattro anni dopo essere giunto a Londra da Città del Capo, dove è nato il 9 novembre del 1934, animato dal sacro fuoco per il teatro. La metropoli britannica gli permette di conoscere Sir Donald Wolfit, celebre attore, dicui ben presto diventa dresser, approfondendo gli aspetti più segreti del ruolo. Oggi, fregiato del titolo di baronetto, Sir Ronald Harwood è un celebrato autore teatrale, cinematografico e televisivo, ha firmato grandi successi, fra i quali “Il Pianista” di Roman Polasky, premio Oscar nel 2003.
Dopo avere ottenuto successo mondiale in una edizione cinematografica firmata da Peter Yates, con Albert Finney nel ruolo del vecchio attore shakespeariano e in quello di Norman, il suo contraltare, un caratterista straordinario come Tom Courtenay, che aveva attribuito al dresser tutte le carature di un giovane omosessuale votato al sacrificio sull’altare dell’arte; dopo avere partecipato nel 1983 con cinque nomination agli Oscar e aver vinto l’Orso d’oro a Berlino, “Servo di Scena” è affidato ad un principe dei nostri palcoscenici, Franco Branciaroli, nel doppio impegno della cura della regia e della recitazione.
A Branciaroli dunque l’onere di reggere il confronto con il celebre attoreinglese. A lui il compito di dar vita al Sir, un titolo che sembra una irrisione nel back stage del teatro, in questo camerino da capocomico che la guerra ha reso strapazzato e precario, con pareti scrostate e porte scardinate e sbrecciate che lasciano intravedere corridoi ed altre porte qui nel sotterraneo del teatro, che certo ha conosciuto un passato meno inglorioso, ed ora è vinto dalla ruggine, e da quell’inutile ammucchiarsi di oggetti un tempo indispensabili anch’essi divorati dalle incurie e dalle vicissitudini. In questa scena bellissima di Margherita Palli, che cura anche i costumi fantasiosi ed appropriati, che divide in due lo spazio dell’Argentina, mettendo al piano superiore il palcoscenico con il suo sipario, mentre sotto si aggirano sempre più frenetici gli attori, Franco Branciaroli/Sir ha la grandezza ossidata che il personaggio richiede, quel cinismo di chi ha molto vissuto e molte cose ha visto e sopportato, indossando come una seconda pelle i grandi personaggi delBardo ed ora, sfinito dagli anni e dalle difficoltà della guerra, è confuso e surreale con quella stanchezza e quel torpore mentale che gli fanno ricordare le battute in modo improprio, lui che cita Macbeth, notorio portatore di sventure e scalogna tanto da dover poi fare tre giri apotropaici nel corridoio e tornare e bussare alla porta del camerino pronunziando una parolaccia mentre varca l’uscio per scongiurare il maleficio, lui che si spalma la faccia di nero e biascica battute da Otello, e non riesce a ricordare che il pubblico è venuto ad applaudire Re Lear, ma ritrova a tratti la magniloquenza istrionica, la pomposità e quel declamare vagamente nasalizzato del mattatore.
Quando il fascio di luce a sipario aperto si accende su di lui, raccoglie come un giusto tributo l’ovazione del pubblico, una sorta di premio alla carriera e magicamente ricorda le battute malgrado le energie sempre più lo spingano a lasciarsi andare verso il grande Nulla. Certo un’opera del genere che è tuttaun atto d’amore per il teatro, ma anche per quell’Inghilterra e per il suo pubblico che esce di casa mentre nel cielo deflagrano le bombe della Seconda Guerra mondiale, aveva bisogno di un attore come Branciaroli per inverarsi, dopo essere stata banco di prova nel passato per attori che hanno fatto parte del Gotha del teatro italiano, come il rimpianto Gianni Santuccio, Umberto Orsini o Nando Gazzolo. Nel ruolo del titolo spicca per indescrivibile bravura il Norman di Tommaso Cardarelli, un personaggio complesso pur nella apparente linearità, umile e discreto attinge le vette di una abnegazione totale, aiutandosi con rapide sorsate di gin, ma sa con altrettanta forza mostrare assoluta determinazione a far sì che il vecchio attore non deluda il suo pubblico pagante, pronto ad assorbirne i capricci, purché la scena si accenda della recitazione del capocomico.
Tra i due non ci può essere amore, perché a loro modo sono due archetipi inconciliabili, ma un pizzico di gratitudine era nelleaspettative di Norman. Pur lungo tempo il Servo ha incoraggiato Sir a scrivere le memorie della sua vita e quando il vecchio reclina il capo morto , è con emozione che si appresta a leggere l’unica pagina scritta, una lunga dedicatoria che menziona tutti, dagli attori della compagnia, ai macchinisti e a tutti i più umili attrezzisti che fanno funzionare la macchina teatro, allo stesso pubblico che gli tributa applausi, ma non trova un pur minimo accenno al nome delle due persone che lo hanno amato, anzi, di più, lo hanno venerato e tenuto in vita con la forza del proprio entusiasmo: Madge, la direttrice di scena, inveterata zitella che si scioglierebbe se il vecchio tiranno la degnasse di un abbraccio e che ora come ultimo atto accetta di sfilargli dal dito l’anello che Sir affermava essere appartenuto nientedimeno che a Kean, il più grande attore shakespeariano della storia inglese.
E lo stesso Norman, l’unico che resterà nel teatro vuoto a vegliare il suo tiranno morto. Norman, unnome che muore come il suo ruolo se non avrà la fortuna di trovare un nuovo padrone a cui dedicare tutte le energie. Sul palcoscenico, oltre a Branciaroli e Cardarelli anche Lisa Galantini, Milady, moglie distratta del capocomico, una belloccia ormai ingrassata e difficile da sostenere quando recita a corpo morto la parte di Cordelia e il vecchio re la deve sollevare per deporla nella tomba, Melania Giglio, una trepida decisa dolente Madge , poi ancora due bravi attori Daniele Griggio, Geoffrey Thorton, adorante e disponibile e Giorgio Lanza, M. Oxenby, ostruzionista e competitivo. Il ruolo della piccola Irene, una ninfetta, che par nata per recitare la parte dell’ingenua, ma che pur di sfondare è disposta a farsi palpeggiare dal vecchio tiranno, è sostenuto con la leggerezza prescritta da Valentina Violo.Franzina Ancona









   
 



 
21-12-2014 - Il film mediocre che è diventato una bandiera di libertà
20-11-2014 - Eliseo: sfratto annunciato, atteso e alla fine eseguito stamattina all’alba
15-10-2014 - ’Ironico, appassionato e rivoluzionario’ Saviano racconta il Leopardi di Martone
29-09-2014 - “Pasolini” di Abel Ferrara
19-09-2014 - Bertolucci, film-denuncia: "Buche e sampietrini, così Roma umilia i disabili"
04-09-2014 - “La trattativa”, Sabina Guzzanti porta al cinema il patto fra Stato e mafia
12-08-2014 - La nuova fase del Teatro Valle
05-08-2014 - Multisala in Fiera, guerra sull’affitto
13-06-2014 - Libero cinema in libera terra 2014, ecco il festival contro tutte le mafie
23-05-2014 - Il teatro Giordano riapre dopo otto anni
14-04-2014 - John Turturro: "Arte, cinema e musica, ecco perché mi sono innamorato dell’Italia"
21-03-2014 - “Quando c’era Berlinguer”
18-02-2014 - Shakespeare nella Padova di un secolo fa
17-02-2014 - “Adotta un film”, ecco come salvare i capolavori del cinema italiano
07-02-2014 - Quegli "uomini monumenti" a caccia di tesori

Privacy e Cookies