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Cosa può accadere quando un giornalista sportivo, nevrotico e compulsivo come Lenny Weinrib, si mette in testa di placare la moglie Amanda, affermata gallerista newyorkese, che si danna di non potere avere un bimbo tutto per sé? Se non provvede la natura, c’è sempre la possibilità di una bella adozione, sarà un male inevitabile, pena la fine di un matrimonio che tutto sommato funziona. Così arriva in casa un fantolino dall’intelligenza formidabile e così simpatico e quieto e allegro che la vita di Lenny, prima recalcitrante e preoccupato poi sempre più conquistato, ne viene modificata in modo radicale. E poiché un giornalista è sempre un curioso di natura e portato a farsi i fatti degli altri, un bel giorno Lenny decide di mettersi alla ricerca dei genitori naturali, o perlomeno della madre del pargolo. L’indagine individua una traccia e porta alla luce un nome Linda Ash, in arte Judy Orgasm, un tipino mica male, dal fisico da bambolona, macandida come una ninfetta che arrotonda le magre entrate con qualche incontro da 200 dollari con sconosciuti ai quale offre il corpo da Venere, un sorriso e una disponibilità umana introvabili, e qualche filmetto dal titolo inequivocabile che circola per la gioia e l’allegria di uomini affranti dalla solitudine. Dopo una serie di comici malintesi, Linda/Judy non è adusa agli incontri dialettici, nasce uno strano rapporto fra il giornalista e la ragazza. Trama semplice, lineare, scontata! Neanche per sogno, perché dietro a tutto c’è lui, Woody Allen, in uno dei suoi più divertenti film, “La Dea dell’Amore”, oggi nella traduzione e nell’adattamento di Giorgio Mariuzzo, titolo trasferito al Teatro dell’Angelo da Antonello Avallone, che non solo ne cura una regia scrupolosa specie a sottolineare quel particolare tipo di comicità che è la dominante di Allen, ma indossa il personaggio di Lenny come una seconda pelle nella platea allargata di questo bel teatro moderno, curato sia dal puntodi vista del cartellone ( Direttore Artistico è lo stesso Antonello Avallone ), che per quanto attiene l’accoglienza del pubblico che frequenta numeroso la struttura dagli spazi arredati con sobrietà ed eleganza. Antonello si muove come Woody, parla come Woody, ne assume tutte le nevrosi e la follia. Lo spettacolo è la trasposizione della pellicola del 1995, con una strepitosa Mira Sorvino, un corpo conturbante e un faccino da angioletto. Allora “Mighty Aphrodite” (questo il titolo originale) fu accolto da critica e pubblico in tutto il mondo e vinse tutti i maggiori premi, dall’Oscar 1996 per la Sorvino fregiata anche con un Golden Globe e il Natural Board of Review Awards. Nel cast Helena Bonham Carter era Amanda, mentre uno straordinario Murray Abraham interpretava uno stravagante indovino, il cieco Tiresia, personaggio omerico, come tutti gli altri. Qui, al Teatro dell’Angelo, Tiresia è il bravo Sergio Fiorentini, che convive sulla scena con una stravagante Cassandra e un coroche non solo sottolinea con i suoi commenti gli eventi ma ballicchia e tesse di passi ritmici la platea. Perché uno dei punti di forza del film era appunto questo gioco di piani storici/mitologici. C’è l’oggi della New York intellettuale, con gli scrittori e cinematografari che si passano gli indirizzi dei più rinomati strizzacervelli, pronti a sprofondare in ogni lettino disposto ad accoglierli e c’è il coro greco che richiama la sorte di Giocasta sulle labbra di una buffa e stralunata Cassandra, c’è Edipo e tutti i figli a rischio raccontati dalla mitologia. E questo Coro interloquisce e commenta ogni fatto dell’oggi e se ne va ballando e ironizzando per tutta la platea, fra commenti spiccioli e alti concetti filosofici. Ma torniamo alla svampita, deliziosa Linda/Judy. Lenny si sente in dovere di farle cambiar vita magari mettendola in contatto con uno di quei ragazzoni di campagna ingenuo e poco dotato di materia grigia ma tutto muscoli, giunto come tanti a tentare la sorte tirandodi boxe. L’incontro potrebbe funzionare, non fosse che al giovanotto non venisse mostrato per sollazzarsi un filmetto tutto ginnastica kamasutrica nel quale riconosce Linda. Ma può mai piangere per amore una ragazza che di quel focoso sentimento è addirittura la Dea in persona? Allora tutto si appiana e trova un bellissimo happy end con la strepitosa Ketty Di Porto che non ha davvero nulla da invidiare a Mira Sorvino. Gli attori si muovono sulla scena fissa, ma con tre ambienti, uno dei quali sopraelevato, la buffa casa di Linda tutta rosa e tutta evocazioni erotiche/sessuali, creata assieme ai costumi da Red Bodò e illuminata ottimamente da Aurelio Rizzuti. Le maschere, volutamente caricaturali, sono di Giulia Giorgi. Franzina Ancona
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