Il sogno di Arturo
 











Il dualismo di Von Kleist è tutto impresso a chiare lettere nel suo capolavoro “Il Principe di Homburg”, nel cartellone del Teatro Quirino di Roma, testo impregnato di spirito prussiano che coniuga il rigore militaresco, l’obbedienza agli ordini dei superiori , l’intransigenza, con lo zelo tutto romantico e con quel moto del cuore che allontana senza troppe concessioni la ragione per privilegiare il senso del giusto, anche su quello del dovere, al punto che si può ignorare l’ordine ricevuto dalla gerarchia militare alla luce dell’ impulso ad agire per attingere un bene superiore.
E sull’altro fronte come confrontarsi con il giovane principe divenuto quell’esser pavido di fronte alla crudezza della prospettiva della morte, non per l’ingiustizia della sorte riservatagli ma per puerile attaccamento alla vita a qualunque costo, anche a costo di degradarsi di fronte all’Elettore dichiarandosi disposto a rinunziare ad ogni onore, a qualsivogliaambizione e persino a Natalia, la donna amata, per chiedere una impossibile e inaccettabile grazia? Come dire l’eroismo che va a braccetto con la viltà. Ma ancora è fondamentale la dicotomia sogno/realtà. Tema non nuovo, motivo ispiratore, fra gli altri, di un capolavoro come La vida es sueño di Calderón de la Barca.
E su tutto la consapevolezza che il sogno può diventare protagonista dell’esistenza ed esso stesso esistenza. Ed è con un sogno che inizia quest’opera, così come si chiude in perfetta circolarità, rappresentata a Vienna per la prima volta dieci anni dopo la morte del suo autore. Opera difficile perché osava mostrare un principe tedesco sonnambulo, disobbediente agli ordini e che, per giunta, pur educato alla nobile arte della guerra, si mostra codardo davanti alla condanna a morte, al punto da scoppiare a piangere, a supplicare e ad abiurare ai suoi valori. Non meraviglia dunque che nel 1828, dopo la terza rappresentazione, il re di Prussia ne proibisse la presenza inpalcoscenico. E che il veto si perpetuasse fino ad un tentativo di compromesso che avrebbe suggerito lo stesso imperatore Guglielmo II (1901), incoraggiando a tagliare la scena che più urla la viltà del protagonista, il generale Arturo.
Quest’opera nel corso dei decenni ha sempre più conquistato il pubblico, specie quando fu portata in scena a Parigi da Jean Vilar e Gérard Philippe, rispettivamente Elettore e principe Arturo. Nel 1860 è diventato libretto per l’omonima opera lirica di Hans Werner Henze e solo in Italia se ne conta una versione cinematografica di Marco Bellocchio.L’opera inizia con Arturo di Homburg che sogna coricato sul palcoscenico che Cesare Lievi, che ha allestito lo spettacolo, ha voluto nudo con puntualizzazioni neoclassiche firmate da Josef Frommwieser, a rimarcare quanto di onirico, di antirealistico si può leggere nel testo, e quanto questo clima determini la consapevolezza di un sottotesto dove il linguaggio poetico è asservito ad un pensiero altro. Dovegli eventi, rivisti alla luce, pure concreta, nello scritto di Kleist, possano adombrare un rito di passaggio che lascia indietro l’età dell’infanzia o dell’adolescenza e si può confrontare con un’età diversa che modifica il sistema dei valori. La vicenda si svolge a Fehrbellin nel 1675. E’la vigilia della battaglia che dovrà decretare i destini del Brandeburgo, invaso dall’ esercito svedese.
Arturo, principe di Homburg e comandante della cavalleria, affetto da sonnambulismo, intreccia una corona d’alloro nel parco del castello dove ha preso dimora la sua schiera. Ed è così che lo scorgono Federico Guglielmo, il grande Elettore, l’Elettrice, la nipote Natalia d’Orange, a cui è stato dedicato un Reggimento, e il resto della Corte. Per gioco, Federico Guglielmo sottrae il serto e lo da’ alla nipote e resta poi imbarazzato dalla reazione del sonnambulo che si aggrappa alla fanciulla dichiarandole il suo amore e sottraendole inconsapevolmente un guanto. Mentre la Corte si ritira,sopraggiunge il Conte Hohenzollern (Andrea Collavino) che viene a svegliarlo e sollecitarlo a recarsi nella sala del castello dove viene messa a punto la strategia militare. Arturo è distratto, rigira tra le mani il guanto senza riuscire a capire a chi appartenga. Sopraggiungono le nobili dame in procinto di partire per una zona meno pericolosa e Arturo si rende conto di avere tra le mani il guanto di Natalia, questo lo distrae ancor più, impedendogli di ascoltare le istruzioni per il combattimento che praticamente gli vietano di attaccare con la cavalleria se non dopo avere ricevuto un ordine ben preciso.
Su un’altura, Arturo e i suoi ufficiali assistono alla battaglia. Il nemico in rotta sta per guadagnare una nuova pericolosa posizione. Senza esitazioni, il generale lancia i suoi cavalieri all’assalto ed è la vittoria. La prima decisione di Federico Guglielmo, di ritorno dal campo, è quella di deferire alla corte marziale per insubordinazione colui che ha dato ordine allacavalleria di attaccare, convinto che Arturo ferito non possa essersi macchiato di una tale colpa. Ora Arturo è in prigione, aspetta la grazia dal sovrano, ma l’amico Hohenzollern gli comunica che è stata firmata invece la condanna a morte. Disperato, egli chiede gli sia concesso di andare a perorare la sua causa presso le nobili dame, e nel recarsi a corte scopre i becchini che stanno scavando la fossa che accoglierà il suo cadavere. Sconvolto, si butta ai piedi dell’Elettrice, perché chieda la sua grazia, giurando di rinunziare a tutto, persino a Natalia pur di aver salva la vita. Tutti intercedono per lui, anche i suoi dragoni. L’Elettore acconsente a firmarla, ma pretende che sia lo stesso principe a valutare se accettarla o meno visto che è in opposizione alla legge. Arturo recupera il suo onore , accettando quindi la sorte. Condotto bendato al castello, ora egli è là ad aspettare i colpi che gli tranceranno la vita, ma toltagli la benda, ecco Natalia che gli pone sul capo ilserto d’alloro. Il principe sviene per l’emozione, poi si risveglia fra salve di cannone e grida di evviva. Allora è stato tutto un sogno? Cesare Lievi preferisce lanciare un dubbio e mentre sul proscenio la scena è festante, in fondo un giovane in tutto simile ad Arturo si prepara alla salva fatale.
Protagonista sul palcoscenico è il giovane Lorenzo Gleijeses, bravo a delineare, lui piuttosto piccolino e gracile, la fragilità del giovane principe, il suo tormento. Altero e inflessibile è il principe elettore di Brandeburgo, Stefano Santospago, giovane e bella come si conviene la Natalia di Maria Alberta Navella. Perfettamente in ruolo con autorevolezza Ludovica Modugno, l’Elettrice. Di ottimo livello il resto della compagnia da Emanuele Carucci Viterbi (feldmaresciallo Dörfling), a Vincenzo Giordano (Hennings, colonnello e conte Reuss, capitano di cavalleria), Franz Cantalupo (conte Truchss, colonnello di fanteria), Paolo Fagiolo (von Der Golz, capitano di cavalleria), a GrazianoPiazza (Colonnello Kottwitz).
Sono passati poco più di 200 anni dal suicidio di Heinrich von Kleist, morto trentaquattrenne dopo una vita assai travagliata. Eppure balza ancora evidente il valore senza tempo di un’opera come “Il principe di Homburg”, apologia e celebrazione della nobile casata dei Brandeburgo, prima di tutto, e poi del senso del dovere, del rispetto e l’obbedienza cieca agli ordini, imprescindibili anche se non condivisi e l’anima scissa fra dovere e zelo patriottico. Gli stessi sentimenti che hanno inciso profondamente nella prima gioventù del giovane Heinrich, ultimo discendente di una nobile casata prussiana decaduta che aveva vissuto una lunga tradizione militare. Nato nel 1777, Heinrich già a quindici anni prende servizio nel Reggimento della guardia di Potsdam. Il resto della sua breve esistenza si svolge inseguendo polarità diverse, inquieto nei sentimenti e nella scelta di un’attività lavorativa che gli permetta di assicurarsi la copertura delle necessitàvitali. Kleist viaggia spesso in modo smanioso. E tale vagabondare in un’epoca storica con l’Europa infiammata di nazionalismi, di impulsi rivoluzionari sotto l’ombra incombente di Napoleone Bonaparte, alimentano sospetti di spionaggio.
Cosa è andato a fare a Würzburg in quello scorcio del 1800? E tre anni dopo quelle due stagioni passate a Lipsia, Dresda e poi a Berna, a Thun, a Milano a Ginevra e a Parigi? Ma già nel mese di giugno del 1803 eccolo prendere servizio al ministero delle Finanze a Berlino. Irrequietezza, certo, ma su tutto, determinante, è l’impulso a scrivere: sono racconti, poesie, drammi. Già nel 1803 prende vita uno dei suoi scritti fondamentali “La Brocca Rotta”, l’anno dopo viene rappresentata “La Famiglia Schroffenstein”. Quattro anni dopo durante un viaggio a piedi da Königsberg a Berlino viene arrestato dai francesi per spionaggio ( pratica all’epoca consueta quella di muoversi a piedi da una città all’altra. Giusto per un riferimento italiano, il nostroTrilussa soleva recarsi a Venezia armato di scarpe robuste e di un bel bastone per appoggiarsi, scostare rovi o difendersi). Il 1808 è per Kleist l’anno di un esperimento editoriale, poi fallito, con la rivista Phöbus e del grave insuccesso de La Brocca rotta, messa in scena da Goethe. Nell’ultimo anno di vita, il 1811, egli cerca inutilmente un editore per il suo dramma “Il Principe di Homburg”. E’ un momento di convulsione, fallisce un tentativo di essere riammesso nell’esercito, conosce e allaccia una relazione con una donna, Henriette Vogel, che convince a recarsi con lui sulle rive del lago Wannsee e qui, i due spengono per sempre le loro esistenze con un bel tuffo. Franzina Ancona









   
 



 
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