|
La primissima riflessione che viene alla mente andando al Teatro La Cometa a vedere “Affari di Cuore” di Colette Freedman è che ci ritroviamo nel dominio dell’ovvio. Perché in fondo la trama utilizza il cliché del vecchio triangolo: un uomo sposato, insoddisfatto che cerca in una relazione fuori casa quella completezza e quell’appagamento che la moglie non gli sa dare più; una donna che ha rinunziato ai propri impegni di lavoro per far crescere i figli; una ragazza libera che realizzatasi nella carriera cerca di completarsi anche in un rapporto di coppia. Ma subito bisogna ricredersi per una serie di motivi. Intanto la Freedman scrive un romanzo, “The Affair”, che trasposto per le scene diventa un testo dal linguaggio particolare che attinge sia ai codici della narrativa, sia a quelli teatrali. Infatti, i personaggi, più che rappresentare gli eventi, si rappresentano, si raccontano e lo fanno rivolti al pubblico come a chiedere complicità,inducendolo a guardarsi dentro o nelle immediate vicinanze della propria esperienza. Perciò durante il loro raccontarsi si attivano nuove dinamiche. Tutto ciò provoca una sorta di straniamento di marca brechtiana che funziona nei due sensi, da un lato il personaggio raccontandosi analizza se stesso, e lo stesso spettatore è indotto ad una sorta di scavo in profondità nelle proprie esperienze. C’è sempre, però, una Stefania, donna sola, bella e ardente con una segreta aspirazione al martirio, che si innamora di un lui, Roberto, bell’uomo dalle tempie d’argento, con una carriera più o meno prestigiosa e gli affida generosamente i propri sentimenti, tanto più che lui ha bisogno di conforto, perché il suo matrimonio è finito, ma da tanto, perché non c’è più feeling con Caterina, la moglie, diventata ormai un’abitudine, peggio, una sorella, peggio una che se ne infischia di lui, che non lo cura, distratta, indifferente. Un uomo da salvare, insomma. L’anima suffragetta allora si scatena,ed è passione, coccole, disponibilità di sé, della propria vita. Perché l’Altra si sforza di modificare il proprio ruolo, che si è sclerotizzato da millenni, perché cambiano i tempi e cambiano i singoli individui, ma gli esseri umani obbediscono alle stesse leggi e si arrampicano sulle stesse catene genetiche, e dunque riproducono con poche varianti gli stessi schemi di comportamento. L’Altra, che non potrebbe accettare uno squallido rapporto a tre, se il bisogno d’amore non le stravolgesse la verità, tenta di diventare la versione allo specchio di una brava compagna con in più la passione dell’illecito, il gusto piccante della trasgressione. La moglie è a casa, a farsi domande sul declino inarrestabile di una storia d’amore, che appariva immortale, e che corre con i giorni verso il nulla di una fine malinconica. Roberto si barcamena, mente con abilità alla moglie, inganna con maestria l’amante, finché i giochi si chiariscono, perché se i ruoli sono standardizzati, non lo sono imodi in cui gli eventi scorrono. E così Caterina scopre le infedeltà di lui e Stefania si scopre in attesa di un figlio. Caterina s’indigna per l’ingiustizia perpetrata verso di lei e, mettendo in discussione le proprie rinunzie in funzione della famiglia, vuole confrontarsi con la verità, costringendo così gli altri due a fare lo stesso. Stefania, forte della visuale nuova aperta dalla maternità, scopre le pochezza e l’opportunismo di lui, pronto a confortarsi e sollazzarsi ma non ad assumere le responsabilità che gli eventi gli hanno caricato addosso. Stefano, forse il più distratto ad interrogarsi sul senso dei comportamenti che mette in atto, è costretto a rivelarsi a se stesso. La fine della pièce vendica tutte le donne sedotte e abbandonate dall’irresponsabile di turno, ne esalta il vano coraggio. Sul palcoscenico un trio di eccellenza: Chiara Noschese è Stefania, l’Altra, e cura anche la regia creativa nelle belle scene di Alessandro Chiti, Mariangela D’abbraccio è Caterina, lamoglie del fedifrago, Roberto è Pino Quartullo. A lui il ruolo più ingrato, quello di un individuo arido e ladro di sentimenti. Gli attori sono vestiti splendidamente da Martina Piezza.franzina Ancona
|