Cinema italiano profetico
 











Italiani, viaggiatori e poeti. Non lo siamo più da tempo, se non nelle fantasie di qualche straniero/a. Ma qualcosa dell’antico spirito deve essere rimasto se nell’ultimo mese due su due commedie italiane, di generico profilo politico, si sono rivelate incredibilmente profetiche. Non saremo più santi né eroi, ma un po’ maghi evidentemente sì.
Stiamo parlando di due titoli ancora trovabili nelle sale cinematografiche italiane. Il primo ad uscire è stato “Viva la libertà!” di Roberto Andò. Arrivato in sala il 14 febbraio 2013 (10 giorni prima delle elezioni), il film percorre le tracce del libro – dello stesso regista – “Il Trono vuoto”, Premio Campiello opera prima dello scorso anno.
Un politico di sinistra (diciamo pure un segretario, riconoscibilissimo dietro la maschera di Toni Servillo) è triste e non ha più nulla da dire a nessuno. Nemmeno il prozac lo sostiene, gli elettori lo prendono a sberle pubblicamente e lui deve prendere delledecisioni che non è più in grado di prendere. Quindi, fugge. Il suo tristissimo portaborse (Valerio Mastandrea) è disperato. Cerca di temporeggiare, ma il presidente della Repubblica aspetta impaziente il politico e la soluzione va trovata a tutti i costi. E’ così che, grazie all’aiuto della moglie del politico, il portaborse rintraccia il fratello gemello del suo capo, appena uscito da un ricovero psichiatrico. L’uomo ha avuto un passato glorioso di poeta e filosofo, un po’ fuori di testa, ma molto amato. Ed ecco che Giovanni Ernani il pazzo prende ufficialmente il posto di Enrico Oliveri, il politico triste. Il risultato sarà stupefacente. Con una scrittura degna di Sciascia e Pirandello, nonché del grande Harold Pinter (di cui l’autore si dichiara ideale allievo), Roberto Andò riesce in un sol colpo a raccontare un magnifico personaggio (doppio) in cerca di (auto)definizione, un paese all’apice della farsa politica, una sinistra senza più ideali, una serie di relazioni amoroseambigue quanto le persone che le vivono. Tutto in 94 minuti che passano come un soffio, rapiti come si rimane dalle avventure interiori del politico-poeta-pazzo interpretato come meglio non si poteva da Toni Servillo, sorta di Indiana Jones alla ricerca dell’anima perduta.
A tanta raffinatezza fa da contraltare il ben più popolare “Benvenuto presidente!” di Riccardo Milani, scritto assieme a Fabio Bonifacci. Eccoci ora non più nelle stanze di un patito politico, ma direttamente in Parlamento, dove tre faccendieri (uno di destra, uno di sinistra, uno montiano, come nelle barzellette) cercano di truccare le carte della politica durante le elezioni del presidente della Repubblica. Nel gioco infinito dei rimpalli e dei finti candidati, viene eletto all’unanimità Giuseppe Garibaldi. Un escamotage, per allungare tempi e trattative sottobanco. Ma no, arriva la segreteria di Stato a far notare che di Giuseppe Garibaldi, in Italia, effettivamente ce ne sono. E uno di questi è nell’età enelle condizioni giuste per essere eletto. Quindi, è lui il nuovo Presidente della Repubblica. Anche se non lo sa e in quel momento sta beatamente pescando le sue trote in un imprecisato paesino del nord. Peppino è un uomo semplice (con la faccia di Claudio Bisio), dal grande cuore, amante di libri e pesca. Onesto e probo tanto da mal sopportare il rampantismo del figlio e di chiunque metta i soldi in cima ai propri valori. Prelevato dal placido laghetto da tre auto blu cavalcate dai faccendieri di cui sopra, Peppino è deciso a dare sin dal primo giorno le proprie dimissioni dal gravoso incarico. Ma l’aria di corruttela generale lo spinge invece ad accettare la sfida.
Ed eccoci davanti ad un film, sceneggiato circa nel 2010, che sembra scritto poche ore fa. Fantasia di un Palazzo che crolla sotto le accettate di una persona qualunque che costringe i parlamentari a riscrivere le leggi («ma che scrivono…non si capisce un cazzo! Fino a che non capisco, non le firmo!»), a tagliare tuttele spese superflue, ad abbandonare i salamelecchi del protocollo e a lavorare per il bene del Paese.
Al contrario di “Viva la liberta!”, “Benvenuto presidente!” non è un film riuscito, anche se i botteghini dicono il contrario. Ma non è quello che ci interessa notare in questa sede. Piuttosto la capacità, nonostante tutto (la mancanza di fondi, di sostegno istituzionale, di una politica culturale in questo paese), del nostro affranto cinema nazionale, di tenere le antenne alzate e farle vibrare. Un segno di vita, nel deserto. O magari sono solo miraggi.Roberta Ronconi









   
 



 
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