Jobs act, ora Renzi teme il “partito della Cgil”: 10 ex in commissione alla Camera
 











Si chiama commissione Lavoro ma sembra il partito della Cgil. Da oggi, 21 ottobre, il disegno di legge delega sul jobs act approderà alla Camera: la commissione ha 13 parlamentari, tutti ex sindacalisti, che non faranno sconti alla maggioranza di Matteo Renzi. Oltre un quarto dei componenti sono ex Cgil pronti a far le barricate sulla tutela dell’articolo 18. In Transatlantico, però, tra un supplì e un drink alla buvette il presidente della commissione Cesare Damiano, ex sindacalista ed ex ministro del Lavoro con Romano Prodi, non vuole sentire parlare di partito del sindacato: “E’ ovvio che nelle commissione lavoro ci siano ex sindacalisti e tutte le sigle sindacali siano rappresentate. Avviene la stessa cosa nella commissione Giustizia dove ci sono soltanto avvocati. Perché però nessuna parla di partito degli avvocati? Si parla solo e sempre di sindacalisti”.
Già, i sindacalisti. Raccontano che Renzi monitorerà giorno per giorno i lavori:“Matteo ha sul tavolo i nomi dei frenatori della Cgil presenti in commissione”, ammette sorridendo un renziano. Il presidente del Consiglio, infatti, teme che il testo approvato al Senato finisca nella palude della commissione di Montecitorio. Del resto, sottolinea il leghista Massimiliano Fedriga (membro della Commissione Lavoro), “a mio avviso vedendo la costola del Pd in commissione il testo può essere stravolto, a noi è una battaglia che interessa poco se si limita a qualche modifica della contrattualistica. Perché qualunque tipo di contratto che venga a crearsi o venga eliminato non favorisce la creazione di un posto di lavoro in più”.
Stando al pallottoliere del Palazzo, i numeri sono dalla parte della minoranza. Che a Palazzo Madama ha sì digerito la fiducia sul disegno di legge delega. Ma a Montecitorio non intende assumere il medesimo atteggiamento. Damiano, capofila della minoranza, ai taccuini de ilfattoquotidiano.it mette a verbale: “L’articolo 18 è un problema darisolvere. Comunque credo che la delega sul lavoro debba essere approvata dopo la legge di stabilità. Ad ogni modo faremo il nostro mestiere e valuteremo gli emendamenti”.
E svolgeranno il loro mestiere anche gli altri 9 commissari Pd con un passato in corso d’Italia. Nomi ai più sconosciuti, come quello di Luisella Albanella: catanese, espressione della Cgil siciliana e alla prima legislatura. O come quelli di Patrizia Maestri, Maria Luisa Gnecchi, Cinzia Maria Fontana, Anna Giacobbe, Giuseppe Zappulla e Monica Gregori. Tutti preoccupati per la contrapposizione in atto tra “il mio vecchio sindacato e il mio nuovo partito”. Una situazione che potrebbe acuire la distanza tra la galassia renziana del Nazareno, intenzionata a non perdere tempo e a blindare il testo con il voto di fiducia anche a Montecitorio e la minoranza del Pd.
Ma non finisce qui. Si aggiungono altri due ex Cgil che non indietreggeranno di mezzo centimetro. Ci riferiamo alla transfuga di Sel Titti Di Salvo, chedal 1985 al 2002 ha scalato i vari gradi della Cgil fino a rivestire l’incarico di componente della segreteria nazionale con delega alle politiche europee e internazionali. E al vendoliano Giorgio Airaudo, già segretario nazionale dei metalmeccanici della Cgil. Di Salvo è più cauta ma pone alcune condizioni: “Si comincerà con la discussione generale. Poi si passerà alle audizioni con i giuslavoristi e con i sindacati. Penso ci sia la possibilità di migliorare il testo non solo sull’articolo 18. Ma penso sia utile precisare e rendere più chiaro che si va verso il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. E poi si dovrà superare la precarietà”.
Più duro nei toni, invece, l’ex Fiom Airaudo che non vede l’ora che si inizi con la discussione: “Ci è stato anche detto che potremo prenderci tutto il tempo necessario. Di certo noi non voteremo la proposta così come uscita dal Senato”. Una posizione che fa il paio con quella di un’altra sindacalista presente in commissione, ovvero laparlamentare forzista Renata Polverini, ex leader dell’Ugl, poi presidente della Regione Lazio assicura: “Io stessa – scandisce a ilfatto.it – presenterò degli emendamenti in modo che l’articolo 18 rimanga il più possibile nella disponibilità dei lavoratori”. La strada si annuncia più difficile del previsto per il velocista di Palazzo Chigi. Giuseppe Alberto Falci-ilfatto-20 ottobre 2014

 









   
 



 
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