Milano, al via gli sgomberi delle case occupate Libera: Ma non è così che si ferma il racket
 











Il primo “modello Milano” risale al 2001: promuoveva i vigili di quartiere come avamposti della sicurezza cittadina. Il secondo è a firma giunta Moratti, con Riccardo de Corato vicesindaco: primo obiettivo gli sgomberi dei campi Rom . Ora siamo al terzo. Il nuovo “modello Milano”, che oggi dovrebbero siglare Comune, Prefettura e Regione, ha un nuovo obiettivo: sempre di sgomberi si tratta, ma di case. Di famiglie italiane e straniere. Abusive negli appartamenti in cui vivono pagando spesso luce e gas ma non l’affitto.
Il piano prevede numeri da record: 200 sgomberi in dieci mesi, 5 a settimana. A tappe forzate, per spazzare le occupazioni (1.500 negli ultimi due anni, secondo alcune fonti) degli appartamenti di edilizia popolare. Alloggi da liberare per far posto alle 20mila persone che sono ancora in attesa di un’assegnazione di cui avrebbero diritto. E a cui non possono accedere nonostante oggi siano censiti oltre 7mila appartamenti pubblicidisponibili e sfitti.
Aler, burocrazia e forze dell’ordine hanno deciso di muoversi. Ed ora, a novembre, con l’inverno alle porte, la priorità è stata data al ripristino della legalità attraverso gli sfratti forzati. Uno dei primi passi di questa nuova stagione, il 13 novembre, aveva già rivelato però il rischio di caos e resistenze: sotto una palazzina di via Salomone si erano radunati antagonisti e abitanti del quartiere a difesa di due famiglie cacciate. Poi ieri in via Vespri Siciliani: all’intervento della polizia i residenti, e poi i militanti del movimento per la casa, hanno risposto allo sgombero di una trentenne, madre di due bambini, lanciando mattoni e oggetti. La polizia ha usato lacrimogeni e manganelli. E ancora, stamattina, lo sfratto di due centri sociali nella zona del Corvetto e di una casa al quartiere Giambellino. Cassonetti rovesciati e dati in fiamme, agenti in tenuta anti-sommossa, l’elicottero a presidiare il quartiere per ore.
Nella tensione di questigiorni, mentre già dalle stesse Forze dell’Ordine emerge l’allarme per la difficoltà nel gestire un piano così stringente di sgomberi in un momento come questo, arriva un duro comunicato di Libera Lombardia : «Rispondere al problema dell’alloggio con sgomberi e prove di forza significa trattare i diritti come una questione di ordine pubblico e continuare a negarli», scrivono i referenti regionali dell’organizzazione di Don Ciotti che lotta contro le mafie: «non si può sostituire con l’intervento poliziesco il vuoto di politiche pubbliche sulla casa».
Stamattina, disperata, una donna si chiedeva dove sarebbe andata a vivere con la sua bambina. «È una materia delicata che va affrontata caso per caso», scrivono da Libera: «distinguendo gli abusi dalla morosità incolpevole, dall’occupazione per necessità, le vittime di lungaggini burocratiche, le vittime del racket, e non certo con provvedimenti muscolari che colpiscono indiscriminatamente, espongono le famiglie a gravi rischi e noncolpiscono gli autori del racket».
«Per questo», prosegue il comunicato: «chiediamo al Prefetto e al Comitato per la sicurezza di non procedere agli sgomberi programmati, ma di avviare invece un tavolo di lavoro e di confronto per individuare strategie d’intervento pubblico che non siano ingiustamente repressive, che perseguano il racket e mettano il patrimonio pubblico di case al servizio di quei ceti meno abbienti che ne hanno pieno diritto».
«Nella campagna nazionale di contrasto alle povertà " Miseria Ladra " Libera sta costruendo sul tema della casa una rete di associazioni, comitati, istituzioni di società civile impegnati a ribadire che se c’è un diritto elementare, questo è una casa in cui poter vivere dignitosamente. Invece», conclude la nota: «sul bisogno di casa e in particolare di case popolari si sono accumulati anni di mal governo, di cattiva gestione e di strumentalizzazioni politiche che ne hanno fatto terreno favorevole al racket: soprusi, pizzo, violenze troppospesso cancellano i diritti delle famiglie ad ottenere regolarmente una casa in cui vivere in tranquillità».
Sono gli stessi attivisti del movimento per la casa milanese a ribadire quest’ultimo punto. Se è vero che a Milano esiste un racket che permette di accedere ad appartamenti vuoti pagando il pizzo a chi controlla le zone di edilizia popolare, c’è anche chi lo fa gratis in sostegno alle famiglie che ne hanno necessità. «Per anni politicanti di ogni genere, funzionari e consulenti hanno speculato sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica, smettendo di investire nelle ristrutturazioni e nelle politiche sociali, lasciando questi quartieri fragili a loro stessi», si legge nel messaggio diffuso da Il Cantiere, centro sociale particolarmente attivo nel quartiere San Siro, intitolato “Contro piano casa, racket e speculazioni”. E intanto a Milano proseguono i presidi. E le tensioni. l’espresso

 









   
 



 
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