Le Borse europee cercano il rimbalzo, ma Atene e Pechino fanno paura
 











Le Borse europee cercano il rimbalzo dopo la difficile seduta della vigilia, ma sulle mosse degli investitori continuano a pesare le tensioni internazionali: da un lato il crollo dei prezzi del petrolio che sta costringendo le grandi multinazionali a rivedere i propri piani industriali; dall’altra la Grecia. Ad Atene il primo ministro Antonis Samaras ha anticipato per fine l’elezione per il presidente della repubblica: il candidato del governo è Stavros Dimas. Il quorum è fissato a 180 voti, ma l’esecutivo ne ha 155: in caso di nulla di fatto entro la terza tornata in agenda il 29 dicembre verrà sciolto il parlamento e il Paese tornerà alle urne con la sinistra di Alexis Tsipras in testa a tutti i sondaggi. Una sua vittoria potrebbe rimettere in discussione gli accordi di Atene con l’Ue mettendo a repentaglio la permanenza del Paese nell’euro.
A livello globale i mercati guardano anche alla Cina: Pechino ha adottato misure volte a limitare icrescenti rischi nel sistema finanziario alimentato dal debito. Inoltre il Paese ha registrato una nuova frenata dell’inflazione a novembre, quando si è attestata ai minimi da cinque anni: sale così lo spettro della deflazione anche per la seconda economia mondiale. L’aumento dei prezzi si è attestato all’1,4%, il livello più basso dal novembre del 2009: a settembre e ottobre l’inflazione era scivolata all’1,6%, dal 2% di agosto e per novembre gli analisti prevedevano un dato stabile. Nei primi undici mesi dell’anno il tasso annuo si fissa così al 2% ben al di sotto del 3,5% annuo a cui punta Pechino e al 2,6% registrato nel 2013.
In Europa, intanto, cala dello 0,3% nel terzo trimestre l’occupazione in Francia che registra a ottobre una contrazione dello 0,8% della produzione industriale. In Giappone cala la fiducia dei consumatori per il quarto mese consecutivo. L’euro è in lieve rialzo sul dollaro a 1,239 (+0,1%). In Asia si rafforza lo yen dopo il rallentamento del Pil cinese eil calo dei listini che fa affluire gli investitori su asset considerati più sicuri. La divisa nipponica avanza dello 0,6% a 118,8 rispetto al dollaro con un complessivo +2,1% in tre giorni e dello 0,5% a 147,4 rispetto all’euro.
In questo contesto a Milano Piazza Affari è in rialzo dello 0,5% in linea con gli altri listini del Vecchio continente: Londra recupera lo 0,3%, Francoforte lo 0,9% e Parigi lo 0,6%. Lo spread, la differenza di rendimento tra Btp e Bund tedeschi sale in area 140 punti base, mentre i titoli italiani a dieci anni rendono il 2,1%. Intanto il Tesoro ha venduto tutti i 5,5
miliardi di euro di Bot a 12 mesi in asta oggi, ma con tassi in risalita. Il rendimento medio è salito allo 0,418% dallo 0,335% del collocamento di novembre.
In mattinata le Borse asiatiche hanno archiviato la seconda seduta consecutiva in rosso in scia al calo del prezzo del petrolio ormai a ridosso dei 62 dollari al barile. Tra le peggiori piazze finanziarie spunta Tokyo che ha persoil 2,25%, preceduta da Taiwan (-1%), e Sidney (-0,45%). A livello continentale l’indice Msci ha perso l’1,1%. Controcorrente soltanto i listini cinesi con Shangai che ha guadagnato il 2,93% nonostante il dato sull’inflazione non sia stato in linea con le attese, frenando sul minimo da 5 anni.
Ieri sera, intanto, Wall Street ha snobbato il sell-off globale chiudendo, seppur in modo contrastato, lontano dai minimi intraday. Gli investitori hanno metabolizzato le notizie arrivate prima dalla Cina e poi dalla Grecia. Secondo i trader, gli operatori di mercato hanno puntato sui titoli energetici (+1,09%), risultati i migliori. Il Dow Jones, arrivato a cedere fino a 222 punti, ha chiuso in calo di 51,28 punti, lo 0,29%, a quota 17.801,20. L’S&P 500 ha perso lo 0,02%, mentre il Nasdaq è salito dello 0,54%.
Sul fronte delle materie prime, come detto, dopo la pausa di ieri torna a scendere il prezzo del petrolio. Il greggio Wti cala a 62,82 dollari al barile sui timori, fra i paesiOpec, di una discesa dei prezzi potenziale fino ai 40 dollari se dovesse mancare il coordinamento dei paesi dell’organizzazione. Arretra anche il Brent di 1,06 dollari a 65,78 dollari. Battuta d’arresto per l’oro: il metallo con consegna immediata viene scambiato in Asia a 1230 dollari l’oncia dopo che ieri era salito a 1238 dollari. Giuliano Balestreri,repubblica

 

 









   
 



 
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