Le mani della ’Ndrangheta sull’Emilia, agli arresti 117 persone
 











I tentacoli della ’Ndrangheta sono arrivati fino in Emilia. E’ in corso in queste ore una maxi operazione dei carabinieri, denominata Aemilia, che ha portato a 117 richieste di custodia cautelare (110 portate a termine, 7 persone risultano irreperibili) e ad oltre 200 indagati per la maggior parte in Emilia. Altri 46 provvedimenti sono stati emessi dalle procure di Catanzaro e Brescia. Sul campo sono impiegati un migliaio di militari con il supporto anche di elicotteri.
Si tratta di soggetti ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi da fuoco, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, emissione di fatture false. Il clan al centro dell’inchiesta è quello dei Grande Aracri di Cutro (Crotone), di cui è documentata da tempo l’infiltrazione nel territorio emiliano, soprattutto nella zona di Brescello dove vivono esponenti di spicco della cosca calabrese. Alcuni deireati hanno carattere transnazionale, interessano Austria, Germania, San Marino. Chiesto il sequestro di beni per 100 milioni di euro.
"Un intervento che non esito a definire storico, senza precedenti. Imponente e decisivo per il contrasto giudiziario alla mafia al nord". Queste le parole utilizzate dal Procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti in conferenza stampa. Poi ha aggiunto: "Non ricordo a memoria un intervento di questo tipo per il contrasto a un’organizzazione criminale forte e monolitica e profondamente infiltrata".
Una parte consistente dell’inchiesta riguarda, come detto, gli appalti della ricostruzione post terremoto e alcuni imprenditori emiliani. In particolare la "Bianchini costruzioni Srl" di Modena è riuscita ad ottenere "numerosissimi appalti" del Comune di Finale Emilia in relazione - si legge nell’ordinanza - ai lavori conseguenti il sisma del maggio 2012 e altri in materia edile e di smaltimento rifiuti. Per questo Augusto Bianchini è finito incarcere, Alessandro Bianchini è invece ai domiciliari. Tra gli arrestati anche l’imprenditore Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore della Juventus e campione del mondo Vincenzo Iaquinta.
Anche la politica locale è coinvolta nell’inchiesta. Gli inquirenti hanno documentato attività di supporto e tentativi di influenzare elezioni amministrative da parte degli affiliati al gruppo criminale in vari comuni dell’Emilia. Lo ha spiegato il procuratore Roberto Alfonso citando i casi di Parma nel 2002, Salsomaggiore nel 2005, Sala Baganza nel 2011, Brescello nel 2009.
Tra le persone colpite dai provvedimenti di custodia, il consigliere comunale di Reggio Emilia Giuseppe Pagliani, di Forza Italia. I carabinieri lo hanno prelevato dalla sua abitazione di Arceto di Scandiano, vicino a Reggio Emilia. Tra gli indagati c’è anche Giovanni Paolo Bernini, ex presidente del Consiglio comunale di Parma, allora appartenente a Forza Italia. Per lui la procura aveva chiesto l’arresto, ma il Gipnon l’ha concesso. L’accusa a suo carico è di "aver contribuito pur senza farne parte al rafforzamento e alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa", perché "richiedeva e otteneva dagli associati voti a suo favore in relazione alla campagna elettorale 2007 per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale di Parma".
Agli arresti anche Nicolino Sarcone considerato anche da indagini precedenti il reggente della cosca su Reggio Emilia. Sarcone, già condannato in primo grado per associazione mafiosa, è stato recentemente destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale che gli aveva bloccato beni per 5 milioni di euro. Dalle carte dell’inchiesta emergerebbe anche il sostegno elettorale imposto dai Grande Aracri ad alcuni candidati emiliani durante le amministrative.
L’indagine è condotta dalla procura distrettuale antimafia di Bologna che ha ottenuto dal gip del Tribunale le 117 custodie cautelari in Emilia, ma anche Lombardia, Piemonte, Veneto, Sicilia.Contestualmente si stanno muovendo le procure di Catanzaro e Brescia che hanno emesso 46 provvedimenti.
Nella lista dei nomi colpiti dall’ordinanza di custodia sono finiti anche Ernesto e Domenico Grande Aracri, i fratelli del boss già detenuto Nicolino Grande Aracri, detto "Mano di gomma". Domenico è un avvocato penalista, il suo arresto è stato disposto dalla Dda di Bologna, mentre per Ernesto si è mossa la Dda di Catanzaro. Il centro di questa organizzazione è Cutro, piccola cittadina del crotonese: Nicolino Grande Aracri aveva intenzione di costituire una grande provincia in autonomia a quella reggina.
"Grande Aracri - ha spiegato il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo - si atteggia a capo di una struttura al di sopra dei singoli locali. E’ sostanzialmente il punto di riferimento anche delle cosche calabresi saldamente insediate in Emilia Romagna dove c’era una cellula dotata di autonomia operativa nei reati fine. I collegamenti tra Emilia Romagna e Calabriaerano comunque continui e costanti e non si faceva niente senza che Grande Aracri lo sapesse e desse il consenso".
Intanto emergono dettagli sui tentativi di intimidazione che il clan aveva messo in atto nell’area emiliana. Non solo su imprenditori e istituzioni, ma anche su giornalisti, come nel caso di Sabrina Pignedoli, corrispondente ANSA da Reggio Emilia e cronista del Resto del Carlino. Tentativo però respinto dalla cronista. Un altro giornalista è finito agli arresti. In manette anche sei "talpe", che informavano i Grande Aracri. Si tratta di tre ex carabinieri in congedo e tre poliziotti.Fabio Tonacci e Fancesco Viviano,repubblica

 

 

 

 

 

 


 









   
 



 
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